GIULIANO FERRARA ED IL PENSIERO GRASSO

Anche in questo caso, nonostante il condivisibile messaggio, l’aggettivo grasso, comunque, tornava nuovamente a fare capolino. Io, allora, da sempre afflitto da problemi di sovrappeso e palestre, diete e taglie oversize, mi sono chiesto: cos’è che succede? Si prepara la caccia al ciccione? O magari è in corso, a livello mondiale, un conflitto tra grassi di specie diversa, tipo Michael Moore VS Ariel Sharon o Giuliano Ferrara VS Inácio Lula da Silva? Forse no, mi sono poi detto. Grassoni se ne trovano infatti un po’ ovunque, nei centri sociali, nelle sedi di forza nuova, nelle parrocchie e nelle brigate rosse. Eppure, nonostante tutto, pensando a Ferrara c’era un qualcosa che mi sembrava dire come, in qualche modo, nel suo essere “grasso” ci fosse anche altro oltre al suo possibile livello di appetito, qualcosa di indipendente dal suo tasso di colesterolo. In Ferrara c’è, mi sono detto alla fine, un vero e proprio pensiero grasso, la trasposizione politica di una condizione che può essere fisica, ma anche mentale. Pensiamo al pulpito quotidiano di Ferrara, il suo sentirsi un neocons americano, le sue uscite su Israele, sul capitalismo, sulla CIA, pensiamo a come vengono puntualmente espresse queste sue leggi universali che guidano il mondo. C’è un filo comune che lega tutto il Ferrara-pensiero, ed è proprio questo il pensiero grasso, un pensiero unico bulimico che trova soluzioni a tutto non nel liberismo, badiamo bene, ma nell’imposizione forzata di sé e del proprio mondo. E che cosa ci sarebbe di grasso, allora, in questo pensiero? Andiamo a vedere.

Una persona che pesa 250 chili deve affrontare quotidianamente questioni del tutto particolari. Uno che pesa duecentocinquanta chili ha bisogno di farsi fare tutto su misura: vestiti, letto, macchina, posto in aereo, posizioni per fare l’amore, diete, menù, cinture di sicurezza, cessi e vasche da bagno. Ha bisogno praticamente di costruirsi un proprio piccolo (o grande) mondo a sua immagine e somiglianza, ed è costretto poi a viverci dentro senza poter provare altri mondi, dormire in altri letti o fare un volo in un posto non prenotato. Inoltre, quando prova a vivere in mondi non suoi è destinato inesorabilmente a rompere cose, fare danni in giro, rimanere incastrato negli stipiti delle porte. Non sto dicendo che questa sia una situazione invidiabile o negativa, né tanto meno che sia una condizione che ti fa diventare un pezzo di merda. La sua trasposizione in politica, però, è un’altra cosa, e la sì che c’è da stare attenti. Anche il pensiero grasso, infatti, ha bisogno di creare un mondo a sua immagine e somiglianza, ignora completamente come siano fatti altri mondi, appena si muove fa danni e rompe dolorosamente delicatissimi vasi di cristallo. Questo pensiero grasso, però, a differenza dell’omonima condizione fisica, non ha paura di sé, non ha vergogna di scoprirsi e di mettersi in costume da bagno, anzi si afferma e ri-afferma continuamente e con forza, vuole allargarsi sempre, tanto grassamente da occupare il mondo intero. Dice che “il livello di vita (o la grassezza di pensiero) degli americani non è in discussione”, fa notare come sia spesso disposto a lasciare in giro piccole briciole a disposizione di tutti, dimostra che letti rinforzati, maglioni più grandi, cessi indistruttibili, solo l’unico modo per rilanciare la domanda, e come da questa domanda aggregata salterà fuori anche qualche nuova medicina, qualche nuova diavoleria tipo Internet.

È grasso, quindi, ma senza pudore. Abituato a vedere solo sé stesso è anche sfrontato nel suo considerarsi come l’unicamente valido, quello comunque giustificabile. Ancora, vuole essere sempre più grasso, non ci crede che, nonostante le cliniche, le cure, i dottor stranamore, comunque collasserà perché non ha un briciolo di strategia, di lucidità oltre la chiusura del bilancio, oltre il livello del PIL.

Insomma, il pensiero grasso, a gli stessi caratteri di eccezionalità della condizione fisica. A differenza di questa, però, non si limita a vivere la propria eccezionalità, ma pretende anche di imporla (con o senza la forza) a tutti gli altri che grassi oggettivamente non saranno mai, perché non ci sarà mai abbastanza cibo (o acqua, o aria) sufficiente per tutti.

E noi, cosa facciamo contro il pensiero grasso? Il “core message” del movimento no global, era “no alla legge del profitto”. Anch’io credo che quell’esperienza sia ormai finita ed andata a buon fine. Ora dovremo urlare “progresso e sviluppo non vuol dire consumo” ovvero dovremmo affermare un pensiero contrario a quello grasso. Come chiamarlo? Forse pensiero “magro”, anche se così sia io che Michael Moore rischieremmo di rimanerne esclusi. Forse pensiero “basso” così come sono gli indigeni del Sud del Messico. Forse soltanto pensiero “banale” se è vero che continuiamo a tagliarci le unghie seduti su un treno che sta per sfracellarsi.

federico mello – http://www.rekombinant.org/article.php?sid=2203


Sabina Guzzanti l’ha detto chiaro e tondo: io non parlo con quel ciccione. Poi, sempre riferita a Ferrara, non ha voluto parlare con quella “fetecchia” (scoreggia napoletana). Uno spot in radio, intanto, pubblicizza l’ultimo libro di Michael Moore, regista e scrittore di ottima lucidità ed ironia e anche lui, senza ombra di dubbio, ciccione. Lo spot riguarda “Ma come hai ridotto questo paese?” di Michael Moore, appunto, e avverte della sua prossima uscita in libreria gente del tipo più odioso: presidenti bugiardi e “grassi megaboss delle multinazionali”.