La crescente precarizzazione del mondo del lavoro e la carenza di prospettive di vita a lungo termine hanno sviluppato un senso di insicurezza diffuso. A questo sentimento la risposta più ovvia e istintiva, è quella che porta all’indirizzarsi verso modelli comportamentali di carattere autoritario/xenofobo; il disagio sociale(carovita,precarietà,emergenza abitativa!), il clima di guerra e l’incapacità delle forze di sinistra (ex)parlamentari, oggi spazzate via dall’arco parlamentare a causa della loro stessa miopia suicida, di dare risposte -politiche- alle problematiche sociali, sono da sempre gli ingredienti che storicamente hanno favorito l’ascesa della destra populista e demagogica.
La crescente precarizzazione del mondo del lavoro e la carenza di prospettive di vita a lungo termine hanno sviluppato un senso di insicurezza diffuso. A questo sentimento la risposta più ovvia e istintiva, è quella che porta all’indirizzarsi verso modelli comportamentali di carattere autoritario/xenofobo; il disagio sociale(carovita,precarietà,emergenza abitativa!), il clima di guerra e l’incapacità delle forze di sinistra (ex)parlamentari, oggi spazzate via dall’arco parlamentare a causa della loro stessa miopia suicida, di dare risposte -politiche- alle problematiche sociali, sono da sempre gli ingredienti che storicamente hanno favorito l’ascesa della destra populista e demagogica.
Il revisionismo messo in atto negli ultimi anni dalle forze di destra grazie anche agli arretramenti delle forze “antifasciste”: da destra a sinistra, si invoca una memoria condivisa, ma in realtà si nasconde lo spirito di uguaglianza e giustizia sociale che animò la Resistenza antifascista, la tensione verso una società in cui ognuno potesse realizzarsi in una vita dignitosa.
In questo quadro, non sorprende più la crescita di movimenti di estrema destra, magari infarciti anche di fittizie rivendicazioni “sociali” che adattano ai nostri tempi il vecchio “dio-patria-famiglia” e di vedere un ex terrorista nero scappato in Gran Bretagna, Roberto Fiore, candidato premier per Forza Nuova; sono consequenzialmente all’ordine del giorno le aggressioni nei confronti di studenti e militanti di sinistra, donne, omosessuali e migranti.
Oggi più che mai il sistema scatena a più livelli un attacco diretto alla vita, alla libertà e alla dignità delle persone: una campagna di demonizzazione, criminalizzazione del dissenso e di terrore a fini securitari che punta a limitare la libertà di scelta delle donne, il diritto dei precari a rivendicare condizioni di lavoro dignitose, la libertà dei giovani di scegliersi il proprio futuro, la semplice esistenza per i migranti.
Non crediamo dunque che sia possibile celebrare la Liberazione con una retorica patriottica vaga e commemorativa, che rimuove e neutralizza la conflittualità sociale negando ogni alternativa all’ordinamento esistente e ogni movimento volto a trasformarlo.
Ricordare la resistenza e praticare l’antifascismo vuol dire contrastare questa martellante campagna d’odio e riaffermare i valori della libertà, della solidarietà e dell’uguaglianza, contro ogni discriminazione, contro la crescente brutalità poliziesca nel gestire le “emergenze” sociali, contro la progressiva fascistizzazione dello Stato.
di Mantovantagonista
achtung! zona infetta da partigiani
Chi sapeva che a Mantova durante la guerra erano presenti ben tre campi di concentramento (montanara, gradaro e san giorgio)?
Che i partigiani mantovani avevano montato l’antenna della radio prima in Curia e poi sulla chiesa di San Gervasio in via Trento?
Che le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione della resistenza?
Che nonostante il comportamento della chiesa ufficiale numerosi sacerdoti non allineati hanno appoggiato e sostenuto concretamente la resistenza, fino a pagare questa scelta con la vita?
Che le nostre terre mantovane sono state protagoniste di numerose battaglie antifasciste?
Che spesso i partigiani provenivano da un’educazione fascistissima ma non per questo perdevano la ragione?
Che via Rippa ricorda una certa Giuseppina Rippa fucilata dai tedeschi mentre allungava una pagnotta ad un prigioniero?
Sono tutte curiosità che si possono imparare grazie ai racconti di chi ha vissuto in prima persona quegli anni e di chi lavora per non dimenticarli, come è successo giovedì pomeriggio 24 aprile nell’aula magna dell’ITIS di Mantova.
Rodolfo Rebecchi (presidente dell’ANPI provinciale) e Maria Zuccati (Storica dirigente del movimento femminile mantovano) hanno portato la loro testimonianza ed esperienza a completa disposizione degli studenti, che quest’anno hanno scelto di ricordare la Liberazione così.
Un viaggio all’indietro nel tempo possibile anche grazie alle numerose testimonianze scritte di chi oggi non c’è più, fino a tornare ai nostri giorni e alla necessità di un antifascismo quotidiano, inteso non solo come testimonianza di un fenomeno fondamentale per la democrazia italiana come la resistenza, ma anche e soprattutto come impegno per la solidarietà, la libertà, l’uguaglianza, la pace che sono state conquistate con il sudore e il sangue e che oggi sono conservate nella nostra costituzione.
Unico neo la ridotta presenza degli studenti, segnale di un disinteresse preoccupante che deve far pensare.