Nulla da festeggiare

heroeswarIl 4 novembre del 1918 finiva la prima guerra mondiale. Gli stati nazionali e gli imperi europei in quella guerra voluta per la difesa degli interessi industriali e del capitale, non esitarono a sacrificare milioni di vite, 650.000 solo per l’Italia e in gran parte appartenenti alle classi subalterne. La festa fu poi istituita pochi anni dopo dal regime fascista per trasformare le povere vittime della prima guerra mondiale in eroi coraggiosi che si immolavano per la Patria.
Non c’è purtroppo solo una storia passata ma anche un inquietante presente. Oggi una rinata retorica “patriottica” bipartisan tende a legittimare gli interventi armati italiani nel mondo al fianco della Nato e ha rinvigorito la data del 4 novembre chiamandola “festa delle forze armate”. Ministri come La Russa e Gelmini invitano a cantare il Piave tutti in piedi e sull’attenti pensando non ai soldati morti per difendere gli interessi economici occidentali ma ai nuovi eroi della patria. Ancora una volta la retorica militarista.
Quella di guerra è del resto la sola prospettiva che rimane a questa classe dirigente, ora che hanno distrutto l’economia e smantellano quel che resta delle strutture sociali tra cui, appunto, la scuola.
Lo stato italiano spende circa 30 MILIARDI DI EURO l’anno per le spese  militari: aerei da combattimento, carri armati, incrociatori, missioni militari etc. . In questi tempi di crisi i politici ci ripetono che non ci sono soldi per chi rimane senza lavoro o per aumentare gli stipendi, non ci sono soldi per l’istruzione pubblica e la sanità, non ci sono soldi per nessuno: tranne che per fare la guerra e favorire i produttori di armi.

Noi non abbiamo nulla da festeggiare: vediamo che l’Italia è in guerra anche oggi e l’Afghanistan è la disfatta su cui pesano le colpe più evidenti; continuiamo a mobilitarci contro questa guerra, per il ritiro delle truppe italiane dai teatri di guerra e per un taglio drastico delle spese militari perché quei fondi vengano destinati a ben più urgenti spese sociali.

Un commento

  1. Comunicato del Patto contro la Guerra

    Lunedì 21 settembre s´è tenuta un riunione d´emergenza del Patto contro la guerra per discutere gli sviluppi del conflitto sul fronte afgano che hanno visto il contingente militare italiano subire il suo colpo più duro in questi otto anni con l´uccisione di sei parà della Folgore. I contraccolpi di questo evento sono rilevanti ai fini dell´azione dei movimenti No War.
    Si conferma che – nonostante un sostanziale accordo politico bipartizan sulle missioni di guerra – la maggioranza della società è contraria alla presenza dei militari italiani in Afghanistan e favorevole al loro rientro. Si riaffaccia la contraddizione tra la maggioranza parlamentare a favore della guerra e la maggioranza sociale che resta contraria. Se ciò innescherà contraddizioni anche a livello parlamentare sia nella maggioranza che nell´opposizione è tutto da verificare.
    Alla luce dell´escalation del ruolo attivo dei militari italiani nella guerra, si conferma la pesantezza della scelta fatta dai partiti di sinistra nel governo Prodi di non aver aperto questa contraddizione quando c´erano le condizioni per farlo. Una autocritica pubblica, ponderata e di prospettiva, è un passaggio non eludibile nel rapporto con i movimenti No War che in questi anni si sono battuti con continuità e coerenza contro le missioni di guerra all´estero ma anche nel rapporto con la società.
    La guerra e il mattatoio afgano non possono che peggiorare nella prossima fase. La NATO e gli USA in Afghanistan stanno perdendo la guerra e la faccia, per questo intendono accrescere lo sforzo bellico. Le illusioni che la partecipazione alla guerra preventiva portasse benefici attraverso la rapina delle risorse degli altri popoli o le ricadute economiche della spesa militare, sono state spazzate via dalla crisi. Crescono tra i militari e le classi dirigenti le spinte a mettere l´opinione pubblica di fronte al fatto che l´Italia è in guerra, dunque a mettere da parte le ipocrisie sulle “missioni di pace” ed a imporne le conseguenze nella gestione dell´informazione, della politica e del sistema legislativo.
    Per questi motivi riteniamo che i movimenti contro la guerra possano e debbano svolgere una funzione di attivizzazione e riferimento per tutti coloro che in modi e con sensibilità diverse si oppongono alla guerra e alle sue ricadute.
    1) Il Patto contro la Guerra propone di mettere in moto un processo di confronto e iniziativa per il ritiro delle truppe italiane dall´Afghanistan, per severi tagli alle spese militari e l´uso delle risorse per le spese sociali, per lo smantellamento delle basi militari a cominciare dal blocco della base di Vicenza che deve riguadagnare la sua dovuta dimensione di “questione nazionale e non locale”. Questo processo deve connettersi già da oggi alle mobilitazioni sociali e sindacali previste per l´Autunno.
    2) Proponiamo di convocare una prima giornata nazionale di mobilitazione antimilitarista su questi contenuti per il prossimo 4 novembre (giornata della retorica militarista) con iniziative in tutte le città (cortei, sit in, azioni, assemblee in piazza) e di convocare assemblee pubbliche nel mese di ottobre per discutere le iniziative.
    3) Non escludiamo la possibilità di convocare una manifestazione nazionale entro l´Autunno sulla base di una verifica del percorso, delle possibilità e delle disponibilità delle varie situazioni locali ma soprattutto sulla base della realtà sul fronte di guerra.
    Roma, 21 settembre

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