I No Dal Molin a Roma. Diario di viaggio

No Dal Molin
Il sabato sera vicentino fino a non molto tempo fa aveva poco da offrire: un film al cinema, o magari un concerto delle band locali più gettonate dai giovani. E solo di rado, qualcosa di più accattivante. Paradossalmente, da quando il governo americano, con il beneplacito di quello italiano, ha ben pensato di costruire a Vicenza un’altra base militare, anche le serate vicentine si sono fatte più interessanti e chi, colto dalla noia, un tempo preferiva restare in casa sul divano, si ritrova ad essere di nuovo «on the road». L’inventiva dei comitati che lottano contro la nuova base è sempre pronta a proporre qualcosa di inedito alla comunità vicentina, tra manifestazioni, conferenze, assemblee e trasferte in tutta la penisola.
Anche questo sabato sera, è l’8 dicembre, i vicentini no base possono contare sulle proposte del Presidio permanente che coniugano l’impegno sociale alla buona compagnia. Tutti sono già in fermento dopo l’assemblea della mattina, durante la quale si è preannunciata l’azione che porterà i no base domenica a Roma, all’Assemblea della sinistra e degli ecologisti, per contestare i partiti della sinistra radicale e far sentire la propria voce.
Quattro pullman partono all’una di notte da tre punti strategici: il Presidio di Ponte Marchese, per gli irriducibili, il circolo Arci Capannone sociale, per i giovani, e il casello dell’autostrada Vicenza est, per chi «tiene famiglia». Nello zaino, il corredo del perfetto militante no base: la bandiera No Dal Molin, il fischietto [o, in alternativa, le pentole, le campane, ma c’è anche chi usa strumenti ormai dimenticati come la «racola»], qualche volantino da distribuire e un panino da addentare nelle brevi pause tra un coro e l’altro. Nel «pullman dei giovani» qualcuno ha portato anche una cassetta di arance, da condividere durante la trasferta romana.
Il viaggio è un po’ più lungo del previsto e arriviamo alla fiera di Roma alle 9.30. Non c’è tempo per pensare che si ha sonno dopo la notte passata in bianco: srotoliamo le bandiere e ci incamminiamo verso l’ingresso della fiera, dove i primi partecipanti all’Assemblea stanno già arrivando. Per due ore accogliamo chi arriva in fiera con il rumore delle «pignatte» del nordest e distribuendo i volantini della mobilitazione europea che inizierà il prossimo venerdì. Chi invece si sente più artista prende le bombolette e i pennelli e dà sfogo alla fantasia preparando degli striscioni da appendere ai cancelli. Sono quasi le 11 e mezza quando, dopo tanto «spignattare», si decide di entrare in fiera, dove sul palco centrale si alternano gli interventi degli ospiti della «cosa rossa». «Moratoria subito», è la scritta che indossa chi apre il corteo. Sul palco è Cinzia Bottene a parlare per tutti, leggendo l’appello scritto alla sinistra radicale in cui si chiede un impegno immediato da parte dei parlamentari sulla questione Dal Molin. Dalla platea in molti applaudono, ma c’è anche chi non condivide del tutto la nostra azione e si tiene in disparte.
A intervento concluso, sfiliamo via, la convention della «cosa rossa» deve continuare. La scaletta è rigida e, a quanto pare, non permette modifiche. Si prosegue quasi come se nulla fosse; solo il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraio Scanio interviene sulla questione della base, promettendo la valutazione di impatto ambientale sul progetto Dal Molin. Dopo l’emozione, ce ne andiamo con un po’ di amaro in bocca. Arnaldo sventola orgoglioso la sua vecchia bandiera rossa, che, consumata dal tempo com’è per alcuni sembra esprimere bene lo stato della «sinistra radicale». Di ritorno verso casa si discute dell’azione appena passata, sulla sua efficacia e sulla risposta ricevuta dalla platea. Si ragiona insieme su quello che stiamo facendo, su come stiamo lavorando per impedire la costruzione di una nuova base in città, sulle motivazioni che ci spingono a viaggiare di notte per raggiungere quelli che dovrebbero essere i nostri «interlocutori privilegiati». Rinunciando ad un tranquillo sabato sera in famiglia per dire ancora una volta che questa base non la vogliamo.

di carta.org – Chiara Spadaro