IL TAV LO VOGLIONO GLI INDUSTRIALI MA LO PAGANO I LAVORATORI

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Le nuove linee ferroviarie ad Alta Velocità/Alta Capacità sono parte integrante del sistema dei corridoi che si estenderanno nei prossimi anni attraverso l’Italia ed altri paesi dell’Europa dell’Est e dell’ex-URSS.

L’obiettivo di questi corridoi è quello di favorire la penetrazione economica nei mercati in via di integrazione nella Comunità Europea. Tutto questo porterà ad incrementare la delocalizzazione degli impianti all’estero. Non solo, ma contemporaneamente aumenterà la pressione sui lavoratori italiani ai quali verrà chiesto ed imposto di adeguarsi al ribasso alla media salariale e normativa di un’Europa sempre più caratterizzata dal lavoro ultra-precarizzato ad a basso costo.

Le nuove linee ad Alta Velocità/ Alta Capacità sono, per gli industriali, i loro protettori politici e la mafia, il più grande affare dal secondo dopoguerra ad oggi. Un affare su cui l’accordo dei partiti è assolutamente trasversale.

Si calcola che le opere progettate nel 1991 (Milano-Napoli, Torino-Venezia) costeranno, a partire dal 2013, circa 90 miliardi di euro, con un incremento di 6,2 volte rispetto ai costi iniziali previsti. Le altre tratte decise nel 2001 costerebbero, per le sole infrastrutture, circa 95 miliardi di euro. Facciamo due conti: 365 mila miliardi di vecchie lire.

Questo vuol dire che per pagare il TAV ci aspettano manovre finanziarie da 2-3 miliardi di euro per 60 anni.

Intanto si allunga l’età per la pensione perché mancano – ci dicono – i soldi. Intanto si tagliano le spese per la scuola e la sanità pubbliche. Intanto i salari sono sempre più bassi rispetto al costo della vita. Intanto si aumentano le tariffe per i pendolari (del 10% nel 2007 e del 15% nel 2008) e si tagliano le spese per i servizi ferroviari di breve percorrenza (cioè quelli usati dall’80% degli utenti), togliendo i finanziamenti per la manutenzione e il rinnovo del materiale rotabile, sottoponendo un quarto delle corse regionali e una decina di linee secondarie al rischio della dismissione.

Non solo. Per finanziare il programma TAV, lo Stato allunga le mani (legge fin. 2007, art. 1, cc. 755-762) sul TFR cosiddetto non optato dei lavoratori dipendenti di aziende con almeno 50 addetti. Il governo, in tal modo, fa cassa mettendo a rischio i soldi dei lavoratori depositati presso l’INPS.

E tutto questo per opere che non servono per i passeggeri (sulla Roma-Napoli, dei circa 300 treni previsti, ne viaggiano 28) né per il trasferimento delle merci da strada a ferrovia (possibile già oggi, volendo, visto che le linee attuali sono ampiamente sottoutilizzate). Opere che avrebbero dovuto essere finanziate per il 60% dai privati ma che alla fine saranno pagate, per la gioia dei grandi costruttori, interamente con denaro pubblico.

In questo quadro si inserisce il progetto della linea ad Alta Velocità/ Alta Capacità Verona-Brennero-Monaco. Un’opera che devasterebbe, con i suoi circa 230 km di galleria attraverso le montagne, le nostre valli, mettendo a rischio le risorse idriche di interi comuni. Un’opera inutile (la linea attuale è utilizzata circa al 35%). Un’opera che costerebbe più di 20 miliardi di euro. Un’opera che prevede almeno 30 anni di cantieri diffusi, con danni all’agricoltura, al paesaggio, alla salute. Un’opera, infine, che pagherebbero i lavoratori.

Per questo sempre più persone dicono NO TAV.

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