Dalla parte della vita – considerazione sull’invasione dell’Ucraina

Ora dopo ora il conflitto in Ucraina sembra avere preoccupanti aggiornamenti che segnalano un’escalation verso una guerra sempre più lunga e distruttiva. Non siamo in grado di giungere a conclusioni definitive, ma proviamo a socializzare alcune delle riflessioni che sono emerse dalle discussioni del collettivo de LaBoje!.

1) L’aggressione russa ai danni dell’Ucraina non è affatto un fulmine a ciel sereno: da mesi, se non anni, c’erano forti segnali in tale direzione. Ciononostante nelle settimane precedenti al conflitto le istituzioni europee e i governi nazionali hanno latitato o si sono mosse solo specifici interessi nazionali. La NATO e gli Usa non hanno atto nulla per smorzare la tensione lanciandosi in comunicazioni roboanti che smarcavano l’Ue dall’avere un ruolo efficace dal punto di vista diplomatico e con i quali Putin poteva recitare la parte della vittima costretta ad aggredire per difendersi. Chi governa ad est come ad ovest è responsabile di aver continuato una politica di espansione bellica (la Cina ha aumentato anche quest’anno la spesa militare e ha l’esercito più grande del mondo con 3 milioni di unità) senza costruire nessuna via di uscita dal nucleare a trent’anni dalla fine della guerra fredda. Per costruire un mondo senza guerre andrebbe sciolta l’Alleanza Atlantica, che si dimostra tuttora uno strumento di controllo USA sull’occidente, e
andrebbe istituita un’alleanza dei paesi neutrali che pianifichi la cancellazione delle armi nucleari dal mondo e una progressiva ma inesorabile riduzione della produzione bellica.

2) Sabotare la guerra e costruire alleanze popolari contro ogni nazionalismo è indispensabile: il movimento contro la guerra che si sta lentamente costruendo in Europa deve mettere al centro il protagonismo dei cittadini di origine ucraina, dei dissidenti russi, kazaki e
bielorussi, l’esperienza di autorganizzazione transfemminista polacca e delle femministe russe impegnate in costanti e pericolose iniziative di protesta contro l’aggressione bellica. L’orizzonte delle manifestazioni antimilitariste dovrà tenere conto che l’equilibrio determinato dopo la fine della guerra fredda è saltato: la lotta tra superpotenze è necessaria ad una competizione capitalistica internazionale che ha sempre meno spazi di accumulazione. La guerra diventa un’ipotesi sempre più realistica nel momento in cui pandemia, crisi della catena di produzione mondiale e crisi energetica hanno creato un collo di bottiglia per il profitto. Ci fanno sorridere alcuni equilibrismi geopolitici di soggetti che si definiscono “comunisti”: come dicono i movimenti zapatisti nel loro lucido comunicato, siamo in lotta per la vita, e per farlo, aggiungiamo noi, dobbiamo contrastare qualunque analisi che accetta l’attuale stato delle cose dal punto di vista economico, sociale e energetico. Se volessimo anche solo pensare al nostro orticello, ricordiamo a chi se
lo fosse dimenticato che l’Italia è un satellite della politica internazionale statunitense e ciò fa sì che nel nostro Paese siano stoccate 90 testate nucleari, di cui 40 alla base militare di Ghedi (Brescia). Secondo una simulazione del comando NATO, l’esplosione di questi ordigni nel nord Italia provocherebbe tra i due e i dieci milioni di morti.

3) Prima di tutto dobbiamo chiedere che la guerra si fermi senza se e senza ma: fuori le truppe russe dall’Ucraina e basta bombe sul popolo ucraino. Pensiamo che la condanna a Putin, al suo regime oligarchico e a questa invasione vada espressa in maniera categorica. La spirale bellica delle superpotenze non si contrasta con i benaltrismi o con l’invio di altre armi occidentali, ma con la solidarietà internazionale, ed è qui che andrebbero concentrati i nostri sforzi, in particolare con i russə che stanno protestano con grande difficoltà e a rischio della propria libertà (ad oggi si contano 11mila arresti in pochi giorni). Se il livello di repressione è tale in est Europa è anche (in piccola parte) grazie ad una sinistra occidentale che sospettava che ogni protesta avvenuta in quei luoghi fosse realizzata con finanziamenti occulti e amicizie nella CIA. La sinistra del primo mondo deve smetterla di schierarsi con i dittatori ed entrare in contatto con i popoli in lotta: i Putin, gli
Assad o i Lukashenko non sono meglio di un Erdogan o dell’apparato imperialista della Nato o della Cina.

4) La posta in gioco è alta: ogni guerra spinge il discorso a destra. In poche ore l’Unione Europea ha interrotto la sua politica “pacifista”, la Germania ha cambiato la sua Costituzione per far superare alle spese militari il 2% del PIL e il Green New Deal si è trasformato in armamenti e centrali a carbone. Se da un lato l’imperialismo russo pretende l’assoggettamento deglə ucrainə alla
Grande Russia, dall’altro il governo ucraino ha adottato lo slogan “Defend Europe”, fino a pochi giorni fa appannaggio dell’estrema destra europea. Non possono certo essere le stesse potenze occidentali che fino a ieri vendevano armi e siglavano contratti con Putin a risolvere la situazione. Ulteriori armamenti non farebbero altro che allungare e peggiorare gli esiti del conflitto sulla popolazione. Quello che possiamo fare è creare pressione popolare sui governi per una soluzione diplomatica, invece di scegliere quale governo ci fa meno schifo.
Il popolo ucraino non può contare sull’aiuto delle potenze occidentali, queste sono molto più
interessate ai loro scambi ed interessi economici: il gruppo di produzione d’armi parastatale Leonardo-Finmeccanica ha visto aumentare il valore dei suoi titoli al 20% con lo scoppio della guerra. La guerra, oltre ai venti nazionalisti, sollecita anche uno spostamento della politica verso ipotesi presidenzialiste e autoritarie: Salvini ha spesso parlato di Putin o dell’uomo forte al comando come un modello per uscire dalla crisi di rappresentanza dei regimi democratici occidentali (salvo poi scoprirsi “pacifista” e inventarsi un viaggio-farsa in Polonia, in cui è stato puntualmente sbugiardato dai polacchi stessi), e non è stato il solo.
L’assenza di una reale politica energetica che ragioni della condivisione e gestione efficiente dei beni comuni a livello internazionale, come vediamo porta a scelte dall’alto come l’inserimento di gas e nucleare nella tassonomia del Green europeo o come il via libera emergenziale alle centrali a carbone degli ultimi giorni. L’aumento delle bollette di gas e luce è in parte legato alla guerra in
Ucraina, ma è soprattutto dovuto alla privatizzazione dei servizi energetici sollecitata dai nostri governi e alla politica estrattiva predatoria di compagnie come la nostra ENI in giro per il globo.

Questa guerra è l’ennesimo episodio di una spirale di distruzione delle società umane e delle nostre vite. È una conseguenza delle scelte delle élite mondiali, che negli ultimi trent’anni hanno seguito unicamente le regole della competizione e del profitto per gestire ogni centimetro cubo di questa terra e delle forme di vita che la abitano.  Di fronte al cambiamento climatico, alla crisi energetica, alle pandemie e alla guerra c’è un’unica posizione in cui schierarsi: quella di chi vuol difendere la vita contro oppressione e morte.