LA COSA NERA

DI ANDREA CINQUEGRANI – In anteprima per Information Guerrilla dal nr. di gennaio del mensile “La Voce della Campania”

2002. “Mussolini? Un grande statista”. “Gli immigrati? Un bubbone da eliminare”. Parola di Gianfranco Fini che al doppiopetto, spesso e volentieri, preferisce ancora saluto romano e moschetto.

2003. A ottobre Gianfranco inizia la sua rivoluzione e rivela, agli stupefatti camerati di un tempo, un’autentica anima rossa. Scavalcando tutti a sinistra, per dar voto agli immigrati: in brodo di giuggiole i dalemiani del Riformista, che plaudono al nuovo che avanza, al fine politico, al nocchiero coraggioso (raggiungono il ‘massimo’ il 31 dicembre quando – fra botti e boutade – lo incoronano ‘uomo dell’anno’). Furiosi come belve assetate di sangue i leghisti, che fino a qualche settimana prima gareggiavano con le truppe nazionalalleate nel prendere a cannonate zattere e scialuppe stracolme di clandestini.

Nel clima prenatalizio, poi, il capolavoro. In perfetta tenuta ebraica, sul capo la kippah di rito, una lacrima sul viso, ecco il condottiero di An a Gerusalemme, davanti al muro del Pianto (pare che giorni dopo sia tornato sui luoghi, a Betlemme, per il ruolo del bambinello). E il superbotto finale: “Mussolini? Un pessimo statista. Un oltraggio le sue leggi razziste”. Perfetto. Triplo avvitamento carpiato degno del mitico Klaus Di Biasi.

Un’eruzione, un terremoto. A mare le ideologie, a mare l’antica devozione al Duce, a mare il razzismo d’una vita, a mare la storia d’un partito, di un’area, di un pezzo d’elettorato. Pronti, si cambia: in carrozza. Verso dove?

Le voci corrono, dal Transatlantico via Senato, fin al Quirinale. E’ un crescendo fra palazzi e corridoi. Nessun tradimento, nessuna follia, ma solo, unicamente un freddo calcolo, un breve ragionamento: il Cavaliere non sta bene, la salute di Silvio vacilla, il tumore si fa strada. Occorre pensare in fretta alla successione. Bisogna inventarsi una campagna politico-mediatica al fulmicotone, capace di trasformare il look di un ex fascista in quello di un liberale con aperture democratiche e perfino di sinistra. Zac, zac, zac: tre tagli, tre fratture, tre ‘discontinuità’ con la forza del carro Usa che tirò giù la statua di Saddam. Addio monti, noi di An corriamo ora nelle pianure delle democrazia, per conquistare Palazzo. Chigi.

Peccato che i medici di Fini siano stati un po’ precipitosi. O non abbiano consigliato al capo una maggior cautela. Il Cavaliere, infatti, sta magicamente meglio (miracoli di Arcore), l’operazione restyling avrebbe potuto svolgersi con più calma, l’atterraggio nelle sconosciute lande della democrazia un momentino più morbido. Tanto, per evitare a qualcuno, come il fido Ignazio La Russa, di dover dichiarare quello che mai un nero e duro come lui avrebbe immaginato in vita sua (chissà che dosi di Maalox); o a un altro gerarca, come il presidente del Lazio Francesco Storace, di esibirsi da provetto parapendista per trovar la via di “restare nella An che ho fondato anche io, nonostante tutto”.

Lei no. Punta nel cognome e nell’orgoglio, l’Alessandra nazionale ha subito sbattuto la porta e mandato Fini e compagni (quali camerati e camerati) a quel paese. Predappio, per non dimenticare la ‘storia’. E così, sotto l’albero di Natale, comincia l’avventura di quattro amici al Nar: Alessandra Mussolini, Luca Romagnoli (l’erede di Pino Rauti e della sua Fiamma Tricolore), Adriano Tilgher (a bordo del Fronte Nazionale) e Roberto Fiore (in sella a Forza Nuova). Li segue a ruota il ‘consigliere politico’ Michele Rallo, ex parlamentare siculo e fondatore dei Gan (Gruppi di Azione Nazionale).

Vediamo allora chi sono i fascisti tutti d’un pezzo che hanno deciso di dar vita alla Cosa Nera, ovvero Libertà d’azione, che già pregusta un 2,5, forse anche un 3 per cento alle prossime europee.

LUCA ROMAGNOLI

Lecco, 11 giugno 2002. Festa tra le camicie nere, è in arrivo il numero uno della Fiamma Tricolore. Entusiasta il messaggio dei camerati: “Il segretario nazionale Luca Romagnoli è stato invitato come ospite dalla palestra Millenium a Cernobbio ad una serata di incontri di pugilato e kick boxing all’aperto”. Niente guanti gialli, dunque, ma guantoni, per i figli ‘veraci’ del Duce che approdano nella Padania. “Se si escludono le visite dell’ex segretario del Msi Giorgio Almirante – aggiungono in coro – questa è stata la prima volta che chi è più in alto nella scala gerarchica del Movimento Sociale Fiamma Tricolore viene a far visita alla nostra città”. Più avanti: “Il segretario Romagnoli, chiamato sul ring alla presentazione di alcuni atleti, in un breve ma significativo discorso ha sottolineato l’importanza di questi sport trascurati dai mass media, considerandoli come sport nazional-popolari che forgiano la gioventù allontanandola dalle tentazioni della strada e della droga”.

Un tipo chic e kick, Romagnoli (secondo altri, semplicemente kitsch), il conducador capace di portare la Fiamma ai suoi più alti livelli, il figlioccio di Pino Rauti, l’erede di tanta ducesca tradizione.

Rauti, dunque. Ecco come lo descrive il dossier dal titolo Stragi e terrorismo: strumenti di lotta politica, elaborato dai Ds. “E’ Pino Rauti ad ammettere che l’estrema destra “ha collaborato più o meno sottobanco” con pezzi delle nostre istituzioni e che “l’ipotesi del golpe, ad esempio, ha circolato nell’estrema destra, a un certo punto, come scorciatoia per il potere, di fronte a un pericolo comunista. Io stesso sono stato coinvolto con i militari””. Sulla strage di piazza Fontana sia lui che Giorgio Pisanò non hanno dubbi: la bomba fu collocata dai ‘Servizi’ nel quadro della strategia della tensione; per Pisanò, leader di Fascismo e libertà, “dal ministero dell’Interno, ufficio Affari Riservati”.

Rauti, del resto, faceva capo, insieme a Giudo Giannettini, all’ufficio Z del Sid, quello degli agenti sotto copertura. “Il tenente dei carabinieri Sergio Bonaiuti – viene ricostruito nel dossier – ha dichiarato ai giudici bolognesi di aver accompagnato più volte Rauti negli uffici di Forte Braschi, sede del servizio segreto militare”.

Rammenta un altro terrorista nero, Vincenzo Vinciguerra: “Rauti aveva collegamenti operativi con lo Stato Maggiore e con il generale Aloia. A cavallo tra destra parlamentare ed extraparlamentare, Rauti era portatore di una strategia eversiva ben precisa”.

Un altro camerata, Edoardo Bonazzi, ricorda che “sia il gruppo la Fenice sia i gruppi del Veneto facevano riferimento a Rauti e a Signorelli ed era stato Rauti ad indicare questa strategia di rientro nel Msi, al fine di avere una maggior copertura anche da eventuali iniziative giudiziarie, in quanto vi era il rischio che fossero presto sciolti i gruppi di estrema destra. Azzi diceva che il suo gruppo, cioè la Fenice, era in contatto con i Servizi, anche prima del 1969, e proprio per questo era stato in grado di conoscere e prevenire, con il rientro nel Msi, lo scioglimento del suo gruppo, ricreandolo nel Msi stesso. Mi fece capire – aggiunge ancora Bonazzi – che Signorelli, come elemento sovraordinato a Giancarlo Rognoni, era sicuramente informato del progetto (per l’attentato al treno Ventimiglia-Genova, ndr) anche perché si incontrava soprattutto con Rognoni”.

Scorriamo ancora le fitte e documentate pagine del dossier che ricompongono con dovizia di particolari ‘storici’ molti tasselli nell’arcipelago delle trame nere: dove fanno regolarmente capolino 007 dei servizi (un esempio su tutti, il generale Santovito, tra i protagonisti dell’affaire Cirillo) e piduisti d’ogni rango, a cominciare da Licio Gelli (il quale a fine anni settanta promosse e finanziò una costola ‘pseudoautonoma’ del Msi, Democrazia Nazionale, mentre i massoni di piazza del Gesù provvidero a ossigenare le casse di Ordine nuovo attraverso il nero Marco Affatigato). “Paolo Signorelli era da sempre il punto di riferimento costante di tutti i catturandi e/o ricercati per motivi di giustizia, non solo nell’area eversiva di destra ma anche del Msi, per sua esplicita ammissione, cui non lesinava aiuti, anche di ordine economico. Signorelli conosceva e frequentava sia l’ambiente ordinovista che il Msi”. Del resto, è proprio una ‘nota condidenziale’ allegata al fascicolo Msi volontari nazionale a rivelare che “nel quadro del rafforzamento dei Volontari, l’on. Almirante ha dato incarico al prof. Signorelli di organizzare squadre speciali e segrete, con il compito di effettuare azioni di rappresaglia”.

Paolo Signorelli, il professore, sessantanove anni, è un po’ il crocevia ideologico e organizzativo di vari pezzi della Cosa Nera. Grande amico di Rauti, è anche legato a doppio filo con Adriano Tilgher. Il sigillo al sodalizio è fresco, meno di un anno fa, quando cominciava a farsi strada l’idea del cartello a destra della destra. Il 24 febbraio, infatti, al centro dello stivale, in quel di Scurcola Marsicana, in provincia dell’Aquila, viene siglato il patto: nasce la Grande Europa, con l’obiettivo di cambiare il corso della Storia e indicare il Cammino alle genti. Si tratta, in realtà, di una società a responsabilità limitata che accanto alla più prosaica attività di compravendita immobiliare classica, all’ “acquisizione di beni immobili da destinare all’esercizio dell’attività turistica, anche alberghiera”, e all’ambizioso, dichiarato progetto di acquisire “interi centri storici che – viene precisato – a seguito di eventuali ristrutturazioni saranno destinati all’esercizio dell’attività turistica e culturale”, affianca il nobile proposito di dar vita a “biblioteche da destinare come beni dell’umanità”, “laboratori studi e ricerca”. Per far tutto questo ben di dio, potrà aver rapporti non solo con gli enti locali coi quali hanno a che fare i comuni mortali, ma soprattutto “con la comunità europea” e ancor di più con “la Banca mondiale per gli investimenti”. Con le sfere celesti, gli accordi verranno presi in seguito.

ADRIANO TILGHER

Timoniere verso la Grande Europa, ovviamente, è il pensatore Signorelli, che siede sul ponte di comando in veste di presidente e socio col 10 per cento delle quote. A superarlo, come azionista di maggioranza (e il 50 per cento in tasca), Maurizio Giorgetti, mentre lo affiancano (con un 10 per cento ciascuno) lo stesso Tilgher, Pietro Scarponi, Paolo Vecchioni e Marco Angelucci. Quarantanovenne, professione assicuratore (con le due società di Ronciglione in compagnia di Angela Romano), Giorgetti é un altro seguace della formazione di Tilgher, al punto che insieme a quest’ultimo é stato candidato alle Provinciali di Roma 2003. Ma Giorgetti è anche presidente del cda di Comm.int. srl – dedita evidentemente agli scambi internazionali, dalle pelli alle pellicce, dai tessili agli alimentari – e socio di maggioranza della Editoriale Viterbese. Anche Tilgher, del resto, si occupa di polizze & affini: è socio, infatti, di Assi Erre, ma non disdegna la gestione immobiliare, in sella a Odal Prima: entrambe le sigle hanno sede nella capitale.

Tarantino, 56 anni, Tilgher è tra i fondatori, nel 1970, di Avanguardia nazionale. Nel ’75 viene arrestato e condannato per ricostituzione del partito fascista. Uscito di galera, vi farà presto ritorno con l’accusa di aver partecipato alle stragi dell’Italicus e della stazione di Bologna, accusa dalla quale verrà poi scagionato (ottenendo anche un risarcimento danni ‘per ingiusta detenzione’). Iperattivo, nel ’90 dà vita alla Lega Nazionalpopolare, che diventerà poi Alternativa Nazional Popolare. Partorisce poi La Spina nel Fianco, gruppuscolo e al tempo stesso rivista che tenta di aggregare altre esperienze editoriali nazifasciste, in compagnia di Marco De Angelis (ex Terza posizione) e Maurice Bignami (ex Prima Linea). Nel ’96 si unisce alla Fiamma Tricolore di Rauti, ma il feeling dura meno di un anno, e ne viene espulso. “Un traditore”, lo etichetta, “uno che tratta con il Polo”, fino a ritrovarsi – oggi – sulla stessa barca. Consegnate alla storia le sue definizioni. Benito Mussolini: “Ci vogliamo mettere a discutere il Duce? Lei se lo immagina Fini che fonda città? E Fassino che fa la battaglia del grano?”. Adolf Hitler: “Un uomo che ha lottato per il suo Popolo, incorrendo, secondo la storiografia ufficiale, in alcune storture”. Chiaro?

Tra i suoi partner ai bei tempi di Avanguardia Nazionale, in prima fila Delle Chiaie e Guido Paglia. Su di lui si sofferma anche il dossier dei Ds: “Delle Chiaie aveva dimestichezza con i massoni, in particolare quelli dell’obbedienza di piazza del Gesù poi transitati nella P2; tra le sue fila vi era Adriano Tilgher, il cui padre, oltre ad essere tra i congiurati della ‘notte della Madonna’, era nell’elenco dei piduisti consegnato personalmente al dr.Vigna da Licio Gelli (il quale in seguito dirà – solo per lui – che si era trattato di un errore, ndr); i militari golpisti agli ordini di Borghese e del Fronte nazionale di Delle Chiaie erano tutti rigorosamente iscritti a quella loggia”.

E poi: “Guido Paglia, uomo del Sid di Maletti e Labruna, è anche capo di Avanguardia nazionale ai tempi della latitanza di Delle Chiaie. Lavorerà con il Carlino e la Nazione e diverrà vice direttore del Giornale, poi responsabile delle relazioni esterne della società Cirio, rivestendo anche compiti dirigenziali all’interno della Lazio”. La carriera di Paglia prosegue inarrestabile, fino a toccare i vertici del Mattino e, poi, quelli del top management Rai, dove è attualmente responsabile delle relazioni esterne.

“Il 10 gennaio ’70, a meno di un mese dalla strage di piazza Fontana – ricostruisce il dossier – Paglia smarrisce il portafogli, dove si rinvengono alcuni appunti: il primo è redatto con la grafia di Mario Merlino, che dovrà riconoscerne la provenienza; con ciò rendendo evidente sin da subito il ruolo di infiltrato di Merlino per conto di An in gruppi anarchici e il ruolo di provocazione e intossicazione delle indagini svolto da Delle Chiaie, Merlino e Paglia. Che redigerà un dettagliato rapporto, affidabile per il Sid, sugli avvenimenti relativi alla ‘notte della Madonna’, inserendo tra i congiurati esponenti missini raccolti intorno all’on. Caradonna. Indicherà inoltre il gruppo, di cui era a capo, Avanguardia nazionale, come una struttura armata, che si era proposta l’eliminazione fisica del capo della Polizia Vicari”.

ROBERTO FIORE

Nemici giurati fino a qualche mese fa, ora i gruppi di Fiore, Rauti e Tilgher si ritrovano d’amore e d’accordo sotto l’ombrello della Mussolini (“di fidanzati adesso ne ho tre”, cinguetta Alessandra).

Sulla personalità di Fiore e sui suoi turbolenti trascorsi si dilungano, il 9 gennaio 2001, i componenti della “Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi”, presieduta dal senatore Ds Giovanni Pellegrino. E’ in particolare un deputato di An e membro della Commissione, il siciliano Enzo Fragalà, a sollevare come punto centrale della discussione sull’attentato al quotidiano Il Manifesto (che si era verificato qualche settimana prima) il caso di Roberto Fiore e del suo camerata Massimo Morsello (oggi deceduto), sollecitando la convocazione di entrambi e la messa all’ordine del giorno di relativi provvedimenti da assumere. Come si ricorderà, infatti, la bomba carta esplosa al terzo piano di via Tomacelli era stata – secondo le risultanze investigative di quei giorni – innescata da Andrea Insabato, 41 anni, già militante di Terza Posizione.

La ricostruzione resa da Fragalà in Commissione stragi risulta, innanzitutto, suffragata dalla mole di documenti che esibisce. “Tutto quello che sto dicendo – spiega a un certo punto Fragalà, che oggi é membro della Commissione sui Servizi segreti – è riportato in una serie di documenti che produco alla Commissione: non sono né deduzioni né ipotesi”.

Poi passa a ricostruire i rapporti fra Insabato e Fiore. “Insabato era stato arrestato dai carabinieri del reparto operativo di Roma, il 2 o 3 marzo 1983, nella Libreria Romana di via dei Prefetti a Roma. In quello stesso processo, Francesca Mambro e Valerio Giusva Fioravanti subirono una pena di 14 anni di reclusione. Latitante da otre due anni, l’estremista, secondo quanto venne accertato dai Carabinieri, era risultato in contatto con altri militanti della destra radicale, fra cui Walter Spedicato e Roberto Fiore”. Quest’ultimo “venne arrestato a Londra il 12 settembre 1982 (il giorno prima era stato arrestato Morsello insieme ad Elio Giallombardo, Amedeo De Francisci e Marinella Rita), in seguito a un mandato di cattura internazionale emesso dalla magistratura italiana, ma poi restituito in libertà poiché i giudici inglesi negarono l’estradizione per reati di natura politica”.

Si passa poi a dettagliare il periodo della latitanza “d’oro” trascorso oltre Manica: “Massimo Morsello e Roberto Fiore – continua Fragalà davanti alla Commissione stragi – riparano in terra inglese in stato di latitanza poiché colpiti all’indomani della strage alla stazione di Bologna da mandati di cattura internazionali emessi dalla magistratura italiana. In Gran Bretagna entrano subito in contatto con Nick Griffin con il quale danno vita alla creatura International Third Position. Allaa loro latitanza è collegata l’acquisizione di oltre 1.500 unità immobiliari, di cui molte nella city londinese, intestate o riconducibili alla loro holding, che comprende case discografiche, agenzie di collocamento e di viaggio, strutture ricettive, locali pubblici ed alberghi. Ciò permette loro di condurre una vita al di sopra delle possibilità di un qualsiasi comune latitante per reati politici. In quegli anni (siamo nei primi degli Ottanta) alcuni militanti della Destra radicale hanno l’opportunità di incontrare Morsello e Fiore a Londra e rimangono colpiti e stupiti dalle loro enormi possibilità economiche e finanziarie: cosa che in Italia non s’era mai evidenziata”.

Do you remember M16?

Poi il deputato di An lancia un allarme: “chiedo che Morsello e Fiore vengano auditi da questa Commissione, perché in un documento ufficiale, la relazione pubblicata nel dicembre 1991 dalla Commissione d’inchiesta del Parlamento Europeo sul razzismo e la xenofobia, proprio Roberto Fiore viene indicato quale agente dell’MI6, una branca dell’Intelligence Service britannico, fin dai primi anni ’80, infiltrato nel movimento della destra radicale nazionalista inglese al fine di annientare il National Front di Nick Griffin”.

Proseguono le rivelazioni di Fragalà: “Ci sono delle informazioni provenienti dalla Gran Bretagna e dall’Irlanda, che allego in fotocopia, in cui si sostiene non solo che i due soggetti (Fiore e Morsello, ndr) continuano ad essere in forza ad un settore del Secret intelligence service inglese, ma addirittura che l’avventura politica rappresentata dal movimento denominato Forza Nuova abbia quale referenti occulti gruppi nazionalcomunisti attivi prevalentemente all’estero, in paesi come la Russia, la Bulgaria, la Romania e la Serbia. Hanno fondato un villaggio nazionalcomunitarista – c’è un documento qui che lo dimostra – nella Penisola iberica e altre strutture similari stanno nascendo con il loro supporto e finanziamento nell’Europa dell’ex blocco sovietico in appoggio alle formazioni nazionalcomuniste. L’attività politica di Roberto Fiore e Massimo Morsello può ragionevolmente rappresentare per la comunità di intelligence d’oltremanica una sorta di cavallo di Troia negli ambienti più prossimi agli apparati di sicurezza dell’ex Patto di Varsavia”.

Anche gli organi di stampa inglesi suonano un campanello d’allarme su Fiore. A Londra viene pubblicata una rivista, Searchlight, unicamente dedita alla rivelazione dei traffici nazifascisti nel mondo. Molte inchieste, negli ultimi anni, sono state dedicate alle attività anglosassoni – e non solo – di Forza Nuova. Ecco cosa viene scritto in un reportage del 2001: “Con la protezione dell’M16 (il servizio segreto inglese, ndr) Fiore e un gruppo di affiliati ai Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) sono approdati in Inghilterra all’inizio degli anni ’80; a loro è stato consentito di mettere in piedi un impero da milioni di sterline in cambio della loro collaborazione”. Su cosa? Notizie sulle attività della Falange in Libano, sostiene Searchlight: “le ragioni dell’apparente intoccabilità di Fiore devono probabilmente ritrovarsi nelle informazioni che è stato in grado di fornire ai servizi segreti britannici e che aveva raccolto durante i campi di addestramento delle frange estremiste della Falange in Libano”.

Anche Searchlight documenta gli stretti rapporti di Fiore con Andrea Insabato: era il suo braccio destro – dal quale riceveva un ‘regolare’ stipendio – per organizzare le varie iniziative turistico-ricreative del gruppo Fiore a Londra, compresi, ad esempio, svariati concerti, come quello di Romano Mussolini.

Attraverso una delle società del gruppo, Meeting Point, Fiore “ha beneficato parecchi terroristi. Il più noto è forse Franco Freda. Poi altri, ad esempio Fabrizio Croce e Duilio Canu, due fascisti collegati con Hammerskins. Altri ancora, come Davide Sante Petrini, Rosario Lasdica e Francesco Bianchi. Bianchi è noto per aver picchiato un cronista della Stampa di Torino che aveva osato rivolgere una domanda a Fiore sulla bomba al Manifesto”.

Per tirar su il morale delle truppe nere, poi, ci vuole una bella Sambuca. I segugi inglesi di Searchlight scoprono infatti che dalla famiglia Molinari sono giunti ‘aiuti’ a Forza Nuova. “Altre risorse – viene aggiunto – arrivano da alcuni pezzi grossi della mafia”. Cin cin.

RALLO E I LUPI NERI

Il quartetto viene completato da Michele Rallo, ex parlamentare siculo, nominato sul campo consigliere politico della formazione neosquadrista. La sua creatura, i GAN (forse è meglio non nominarli, sbarcati in terra d’Albione), veraci gruppi anticomunisti sorti nel bollente clima del ’69. Sul ponte di comando, Rallo è affiancato da Paolo Pecoriello. Due nomi, due storie. Vale la pena di scorrere ancora rapidamente il dossier dei Ds Stragi e terrorismo strumenti di lotta politica.

“Vinciguerra ricorda che Delle Chiaie era collegato all’Aginter Press e a Guerin Serac per operazioni eversive fin dall’epoca di piazza Fontana e come fosse impiegato dalla Cia per operazioni coperte in varie parti del mondo. Tra i collaboratori di Serac compaiono, oltre agli immancabili Guido Giannettini e Pino Rauti, anche Giorgio Torchia e Gino Agnese, redattori del Tempo di Roma, e Michele Rallo, con Giannettini articolista del Secolo d’Italia”.

Fitto il pedigree del suo braccio, è il caso di dirlo, destro, Pecoriello. E’ lui a consegnare nelle mani dell’allora giudice istruttore Luciano Violante, nel ’74, un memoriale nel quale vengono minuziosamente ricostruite le trame eversive della destra, a cominciare dal ‘golpe bianco’ di Edgardo Sogno. Assiduo frequentatore d’aule di giustizia, Pecoriello ha poi il modo di dichiarare ad un altro giudice istruttore, questa volta a Bologna, “come Avanguardia Nazionale fosse una immediata espressione del Ministero dell’Interno, sia per ragioni soggettive (i padri di Flavio Campo, di Di Luia e di Cataldo Strippoli erano funzionari del ministero), che per la stessa natura delle azioni che tale organismo era chiamato a compiere, in particolare azioni di infiltrazione e provocazione in chiave anticomunista”. E ancora. Un Pecoriello in vena di sfogo ricorda che l’onorevole Cruciali del Msi “mi chiese che facessi scritte e simboli filocomunisti sulle chiese di Terni. Dopo un po’ di tempo ricevetti una telefonata di Delle Chiaie che mi ordinava di andare immediatamente a Roma con i suoi ragazzi. Vi andai e in casa Delle Chiaie mi furono affidate alcune bombe a mano Srmc che avrei dovuto tirare contro l’ambasciata americana, durante i disordini che sarebbero seguiti ad una manifestazione contro la guerra in Vietnam”.

Ecco la sua sintesi sulle ‘ragioni’ della destra nera. “Ritengo che i personaggi – verbalizza Pecoriello – al centro di tutti i complotti eversivi almeno a livello operativo siano Stefano Delle Chiaie e Pino Rauti. Borghese, Freda, Ventura, Graziani, Saccucci e molti altri non sono altro che loro pedine. Sono loro che hanno tenuto i vari contatti internazionali con Grecia, Spagna, Portogallo, Cile, Francia e Germania”.

Oggi Pecoriello – ex lupo nero – è diventato un agnellino: fa il volontario per la Caritas. Più sullo sportivo Rallo, che si dedica anima e corpo ai destini della Gaudium Basket di Canicattì.

Vieni avanti, Aretino

Tanta voglia di unità a destra della destra. Uno dei cuori pulsanti per una nuova coesione fra le camicie nere si trova ad Arezzo, nota non solo per la magione del Venerabile in quel di Castiglion Fibocchi, ma anche perché comincia a germogliare il seme della Comunità Militante FSN-FN, così si definiscono i camerati locali, i quali hanno dato vita a un sito, ovviamente militante, dall’inconfondibile logo, Gerarchia. E che, siamo uomoni o caporali?

Ecco uno dei dispacci più freschi, dedicato, naturalmente, al motto ‘l’unione fa la forza’, nuova o vecchia che sia. Leggermente criptico e provincialotto, per la verità, l’incipit. “Da ora in avanti – esordiscono i camerati aretini – escludiamo dalla pubblicazione di comunicati il Movimento Fascismo e Libertà, a meno che non riconduca la dialettica su toni consoni all’etica fascista. Gli insulti non servono né serve tantomeno lanciare calunnie e falsità. Il tempo dimostrerà chi cerca di operare con serietà ad un progetto e chi, in buona o malafede sono solo problemi di coscienza, lavora sempre per il ‘re di prussia’. Comunque la patente di fascista – se Dio vuole – non la dobbiamo certo ottenere da Gariglio”. Lavati i panni sporchi in casa, e appresa l’esistenza fino ad oggi del tutto misteriosa di una dialettica in epoca fascista, proseguiamo con il sentito appello. “Chi vorrà commentare senza censure qui troverà uno spazio aperto. In primo luogo l’appello di Enzo Cipriano, Rutilio Sermonti ed Enzo Erra (ex redattore del Roma, ndr) finalizzato al superamento della frammentazione dell’area anticonformista, oltre un semplice appello per un cartello elettorale”.

Ed ecco la risposta di Luca Romagnoli, segretario della Fiamma Tricolore, diramata su Gerarchia. “Cari camerati, apprezzo questo nuovo tentativo di ‘andare oltre’. Ne condivido gli auspici come ne sento l’importanza e, forse, l’urgenza politica. Proporrò alla discussione delle prossime riunioni di Segreteria Nazionale e Comitato Centrale (15 e 16 novembre) il vostro appello, operando acciocché sia apprezzato e si possa iniziare un dialogo politico-organizzativo”.

In realtà, l’idea della Cosa nera germoglia la primavera scorsa, e a darne la lieta novella è il quotidiano Linea, organo ufficiale della Fiamma di Rauti & Romagnoli, che sottolinea a luglio come il parto nasca dalle intese tra la stessa Fiamma e il Fronte Nazionale di Jean Marie Le Pen “per la costituzione di un cartello elettorale comune di tutte le forze Nazional-Popolari, in vista delle prossime elezioni europee del 2004”.

“Nel quadro dell’accordo per le europee del 2004 – chattano i camerati – stilato nell’aprile scorso a Nizza tra il Front National di Jean Marie Le Pen e il Movimento Sociale Fiamma tricolore, il Delegato generale del FN, prof. Bruno Gellnisch (un elvetico-aretino?, ndr) è giunto in Italia venerdì 12 settembre per incontrare il segretario nazionale Luca Romagnoli e poi partecipare alla riunione di ‘area’ del 13 che ha fatto riunire i vari Camerati in un ristorante piacentino che è costato al signor Gariglio del MFL ben 43 euro cadauno per un pranzetto non dei migliori”. Quel solito Gariglio, che ‘dimentica’ di annoverare la formazione di Tilgher e Delle Chiaie tra i promotori dell’abbraccio fra neri.

Era già un’urgenza politica, la Cosa Nera, nell’agenda politica di Rauti & C.fin dalla primavera 2003. Un motivo in più, per Fini, di virare in poche settimane a 360 gradi?

Neri per caso

Sorpresa. Nella nuova Commissione parlamentare d’inchiesta sull’occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti, che ha intrapreso i suoi lavori a fine dello scorso anno, é entrato a far parte il senatore di Forza Italia Emidio Novi. Nella seduta del 27 novembre, infatti, il presidente della Commissione Flavio Tanzilli comunica che Novi subentra al dimissionario Sergio Travaglia. Evviva.

La notizia lascia di stucco non pochi esponenti dell’ ambiente giornalistico partenopeo, da cui il neo-commissario antifascista proviene. “Emiddio – commentano alcuni reduci dal vecchio Giornale di Napoli – é cresciuto a marmellata e Mein Kampf. E chi se lo dimentica, quel mezzobusto in bronzo di Adolf ben in vista sulla sua scrivania al giornale dove si è fatto le ossa, il Roma di Achille Lauro?…”.

Della stessa Commissione fa parte un altro deputato eletto in Campania, ma nelle fila di Alleanza Nazionale. Si tratta di Italo Bocchino, plenipotenziario al Sud di Gianfranco Fini anche perché attuale editore del Roma e dello stesso Giornale di Napoli.

Se Novi avrà nella nuova Commissione qualche problema con la sua fede passata, per Bocchino e per il Roma i grattacapi potrebbero derivare dagli esiti della maxi inchiesta del pm capitolino Pietro Saviotti sui grandi appalti, a cominciare dall’Alta velocità (dopo cinque anni d’indagini, si è in attesa a breve degli sviluppi), intessuti tra brasseur di Stato e della finanza (si va dai vertici del ministero del Tesoro a top manager di Capitalia) in combutta l’establishment organizzativo (Vincenzo Maria Greco) e imprenditoriale (Agostino e Sandro De Falco) di ‘0 ministro, Paolo Cirino Pomicino.

Fra le minuziose pagine della ponderosa inchiesta, infatti, fa capolino un deputato eletto nel casertano – in particolare nelle zone più pervase dalla camorra – il quale avrebbe ricevuto un contributo da 100 milioni di vecchie lire, a favore delle casse del suo giornale, dalla consorte di uno dei titolari dell’Icla.

In attesa degli sviluppi che avrà l’attività investigativa di Saviotti, Bocchino sarebbe già all’opera per estendere il suo raggio d’azione come editore. E in ambienti romani già circola la notizia che starebbe per conquistare il Tempo, la mitica creatura diretta per anni dal primo consigliere di Berlusconi,

Gianni Letta.

CROCE NERA SULLA GIUSTIZIA

Una sentenza di primo grado del tribunale di Napoli dà ragione all’estremista Roberto Fiore, che si era sentito diffamato per alcune parti di un articolo della Voce riportate anche dall’autorevole Guardian.

Sono state rese note le motivazioni con cui la quinta sezione penale del tribunale di Napoli – giudice monocratico Giovanni Fragola Rabuano – lo scorso 21 novembre ha condannato in primo grado la Voce per aver offeso l’onore e la reputazione dell’estremista di destra Roberto Fiore con un articolo a firma di Fabrizio Geremicca, pubblicato nel numero di novembre 1998. La sentenza del giudice Rabuano, basata “sulla deposizione resa dal Fiore” e “sulla capacità a delinquere del Geremicca desunta dalla personalità dello stesso”, getta un’ennesima e ancor più preoccupante ombra sulla democrazia dell’informazione nel nostro Paese. Mentre giungono da diverse forze democratiche messaggi di solidarietà alla Voce, riportiamo i principali passaggi delle motivazioni di condanna.

Da pagina 4 – () Dagli atti emerge in modo certo ed incontrastato la penale responsabilità di entrambi gli imputati (Fabrizio Geremicca ed il direttore della Voce Andrea Cinquegrani, ndr) in ordine ai reati ad essi rispettivamente contestati, essendo provati gli elementi costitutivi degli stessi. Tale affermazione si fonda sulla deposizione resa dal Fiore e sulla documentazione legittimamente acquisita agli atti, nella quale rientra anche la nota difensiva e gli allegati depositati in cancelleria il 24.7.2003.

Il fatto contestato è la pubblicazione sul periodico La Voce della Campania di novembre 1998 dell’articolo intitolato ‘Eravamo quattro amici al Nar’ a nome di Fabrizio Geremicca.

Tale articolo offendeva la reputazione di Roberto Fiore e Massimo Morsello in quanto riferiva, tra l’altro, “ricostruiamo la mappa dei gruppi partenopei in odore di nazifascismo, spesso agganciati a realtà transnazionali dal sapore ambiguo. Condannato a nove anni nel 1985, Fiore si rifugia oltre confine, portando con sé la cassa del gruppo. Soggiorna in Libano sotto la protezione dei falangisti Fiore e Morsello prendono contatti in Libano con i servizi segreti inglesi forniscono informazioni e spiate in cambio la lady di ferro chiude gli occhi sulle richieste di estradizione Fiore continua a gestire la Meeting Point non sempre con metodi ortodossi, secondo le denunce di alcuni turisti, che hanno parlato di pessime condizioni igieniche, controversie sui prezzi, bande di skinheads scatenate Incappa in una nuova inchiesta della magistratura che lo chiama in causa per presunti finanziamenti agli Hammerskins”.

Questo giudicante ritiene che parte di tale pubblicazione, oggettivamente diffamatoria, non possa essere scriminata ai sensi dell’art. 51 c.p. dall’esercizio dello ius narrandi.

Come noto, il diritto di cronaca trova il proprio riconoscimento nell’art. 21 cost., che attribuisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, ma la libertà d’informare ed essere informati è limitata dalla necessità di rispettare altri diritti di pari dignità costituzionale, quali l’onore e la reputazione. Si tratta, cioè, di bilanciare diverse esigenze, garantendo la legittimità della diffusione di notizie di pubblico interesse, pur se diffamanti, nel rispetto dell’altrui persona.

Da pagina 6 – Ciò premesso, questo giudicante ritiene opportuno valutare l’effettiva portata diffamatoria delle singole espressioni di cui ai capi d’imputazione.

1 – Innanzitutto, non vi è diffamazione nell’espressione ‘ricostruiamo la mappa dei gruppi partenopei in odore di nazifascismo, spesso agganciati a realtà transnazionali dal sapore ambiguo’. Se in linea generale l’attribuzione a una persona di una ideologia di estrema destra, quale il nazifascismo, è idonea a ledere la propria sensibilità, tuttavia è incontestabile la natura delle organizzazioni, quali il partito politico ‘Forza Nuova’ o il movimento ‘Terza posizione’ (indicate nell’articolo in contestazione come gruppi in odore di nazifascismo), di cui sono, ed erano, esponenti a diverso titolo le persone offese Fiore Roberto e Morsello Massimo. I fatti di cronaca e le dichiarazioni rese dal Fiore circa l’esibizione nelle manifestazioni di simboli particolarmente significativi quale la croce celtica, nonché l’uso del saluto romano, rendono certamente riconducibili all’ideologia, genericamente indicata, nazifascista le organizzazioni di cui si tratta.

2 – Neppure vi è diffamazione nell’espressione ‘Condannato a nove anni nel 1985, Fiore si rifugia oltre confine’. E’ infatti pacifico che il Fiore sia stato condannato per associazione sovversiva e banda armata a nove anni di reclusione. A nulla rileva che con la sentenza di appello la pena sia stata ridotta, dato che tale modifica (meramente quantitativa) non fa venir meno la rilevanza penale della condotta che aveva giustificato in primo grado la condanna, poi confermata anche nel giudizio di legittimità.

Ed è anche pacifico (lo ha ammesso egli stesso, affermando di essere stato latitante in Inghilterra) che il Fiore si sia rifugiato all’estero per evitare di scontare la pena della reclusione.

3 – Nemmeno è diffamatoria l’espressione ‘Fiore continua a gestire la Meeting Point non sempre con metodi ortodossi, secondo le denunce di alcuni turisti, che hanno parlato di pessime condizioni igieniche, controversie sui prezzi, bande di skinheads scatenate’. () L’esistenza di denunce da parte di alcuni turisti – denunce che non necessariamente devono manifestarsi in ambito giudiziario – circa la difformità dei servizi offerti rispetto a quanto indicato nei programmi di viaggio (servizi inefficienti, alloggi fatiscenti e poco igienici, nonché l’alto costo degli stessi in relazione alla scarsa qualità offerta) emerge sia da articoli pubblicati su quotidiani, sia dalla lettera diffusa sulla rivista elettronica ‘dooyoo magazine’ il 15.12.2000, relativa a fatti accaduti circa due anni prima, sia dalla trasmissione ‘Mi manda Raitre’ del 25.11.1998, ove altri giovani turisti riferiscono di analoghi problemi riscontrati nei viaggi-studio organizzati dalla Meeting Point, o da agenzie con la stessa collegate”.

Dalle pagine 7 e 8 – 4 -Analogamente, non è diffamatoria la frase il Fiore ‘Incappa in una nuova inchiesta della magistratura che lo chiama in causa per presunti finanziamenti agli Hammerskins’, essendosi il giornalista limitato a estrapolare una notizia relativa a delle indagini, la cui verità non è in discussione.

5 – Diverso discorso va, invece, fatto in relazione alle frasi ‘portando con sé la cassa del gruppo Soggiorna in Libano sotto la protezione dei falangisti Fiore e Morsello prendono contatto in Libano con i servizi segreti inglesi forniscono informazioni e spiate in cambio del permesso di soggiorno in Inghilterra’. Ed, infatti, proprio in relazione a tali affermazioni le costituite parti civili hanno inteso concentrare l’attenzione.

Nonostante le numerose ed autorevoli pubblicazioni su quotidiani di rilevanza nazionale ed in testi (quali ‘La destra in armi’ di Giorgio Cingolati e ‘La destra radicale’ a cura di Franco Ferraresi), non risulta provata la veridicità dell’affermazione secondo cui il Fiore nel fuggire all’estero si sia portato la cassa del movimento ‘Terza posizione’. Tale affermazione, di particolare offensività se ricollegata alla latitanza di un elemento di vertice di una organizzazione di carattere politico, è nello stesso articolo riportata ‘a detta del leader dei Nar Valerio Fioravanti’. Tuttavia, se è vero che ciò fu dichiarato nel 1981 dal Fioravanti alla magistratura inquirente, lo stesso successivamente ritrattò quanto detto e la falsità dell’accusa risulta anche dalla pubblicazione di un articolo sulla rivista trimestrale ‘Questione Giustizia’ n. 4/1983, in atti. Tale notizia in quanto incompleta e disonorevole, è di per se stessa diffamatoria (per difetto del requisito della verità) per aver il giornalista omesso di riferire l’esito della vicenda. Allo stesso modo non corrisponde a verità che il Fiore e il Morsello si siano rifugiati in Libano e che siano stati protetti dai falangisti.

Né rileva che il Geremicca abbia estrapolato tali notizie da un autorevole quotidiano inglese, il ‘Guardian’, e che abbia dato contezza di ciò (‘secondo il quotidiano inglese Guardian – che riporta una inchiesta del mensile Searchlight’). Tali notizie, successivamente riportate anche da diversi quotidiani nazionali, non corrispondono al vero: la presenza del Fiore in Libano nei primi anni ’80 è in contrasto con le sue dichiarazioni circa un arresto eseguito nel settembre 1981 ai suoi danni dalle Autorità di Polizia inglesi.

Non vi è stata, al contrario, diffamazione per le affermazioni relative a una collaborazione di Fiore e Morsello con i servizi segreti inglesi (per la cui veridicità, quanto meno putativa, si veda la seduta del 9.1.2001 della Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia) e che l’estradizione sia stata negata dalla Gran Bretagna per tale collaborazione.

Alla luce di quanto detto il Geremicca nel riportare nell’articolo alcune notizie oggettivamente diffamatorie non ha esercitato quel controllo, doveroso secondo canoni deontologici di correttezza professionale e criteri di non distorsione della notizia, circa la veridicità delle stesse attraverso un’accurata selezione delle fonti informative. Non sussistendo fonti privilegiate, quali potrebbero apparire i quotidiani di portata nazionale, il riscontro fatto dal giornalista che ha estrapolato notizie diffamatorie, perché non corrispondenti al vero, pubblicate su altri giornali non è idoneo a giustificare la lesione dell’altrui reputazione.

Fonte: La Voce della Campania


Dopo anni trascorsi a rifarsi una verginità democratica, scendendo in campo perfino col “partito trasversale delle donne”, all’indomani della brusca virata di Fini Alessandra Mussolini si ritrova a fondare un partito “a destra di ogni destra” insieme ad un manipolo di nazifascisti, alcuni implicati nelle stragi di Stato. Ecco chi sono, processo per processo, i “camerati d’avventura” di Alessandra. E su quali amici potranno contare.