Tanto per non farci l’ abitudine

Costantemente, da un po’ di tempo, molte cose sono diventate sempre più difficili. Da un po’ di tempo sembra che qualcuno abbia scoperchiato le peggiori pulsioni dello stivale: i pogrom e le ronde non fanno nemmeno più notizia, la caccia all’impiegato pubblico diventa il passatempo estivo; nemmeno la condanna da parte dell’europarlamento della politica razzista del governo italiano riesce più a smuovere qualche coscienza, perché a tutto ci si abitua, perché ad abituarsi si viene ammaestrati, giorno per giorno.

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Costantemente, da un po’ di tempo, molte cose sono diventate sempre più difficili. Da un po’ di tempo sembra che qualcuno abbia scoperchiato le peggiori pulsioni dello stivale: i pogrom e le ronde non fanno nemmeno più notizia, la caccia all’impiegato pubblico diventa il passatempo estivo; nemmeno la condanna da parte dell’europarlamento della politica razzista del governo italiano riesce più a smuovere qualche coscienza, perché a tutto ci si abitua, perché ad abituarsi si viene ammaestrati, giorno per giorno.

Si viene ammaestrati ad ignorare i diritti di coloro che sono nati nella parte sbagliata del mondo ma nemmeno questo basta, siamo in emergenza.
Il fantasma della sicurezza emergenziale richiede ogni giorno sacrifici più grandi, non esistono limiti strutturali alla spirale della paura e allora diventa possibile istituire presidi militari nelle grandi città, diventa possibile, nel culto della competitività, tagliare assegni sociali, falcidiare i precari con norme create sotto dettatura di confindustria, diventa normale trasformare il sistema universitario in un territorio di conquista per i soliti speculatori. La sicurezza lo richiede, la competitività lo richiede, e noi ci abituiamo, ci abituiamo alle retate sui bus, ci abituiamo a vederci espropriati del nostro diritto alla casa, alla privacy, alla salute sperando sempre che il fulmine cada sul nostro prossimo. Ma abituarsi non significa solo questo, abituarsi significa venire espropriati della propria storia, della propria capacità di produrre conflitto per tutelare se stessi e gli altri.
Abituarsi significa venire colpiti da una stranissima amnesia, selettiva e funzionale poichè si perde memoria di tutti i mezzi e le pratiche che potrebbero cavarci d’impaccio, si perde memoria dei soprusi e si perde la coscienza di quanto, nel passato, difendere se stessi implicasse anche difendere il nostro collega, il nostro vicino o anche un perfetto sconosciuto.
Abituarsi non è una cosa che accade per caso ma è un progetto che mira a costruire legittimità attorno a pratiche infami. In nome del revisionismo e della pacificazione tutto potenzialmente gode di cittadinanza politica: un sacrario comune per repubblichini e partigiani, coprire pestaggi o morti nei cpt con deportazioni o addirittura garantire un concerto o uno spazio al neofascismo milanese non pongono nessun problema.
In ogni caso abituarsi resta sempre in primo luogo una bugia malandata, talmente scalcagnata da essere impossibile senza una colpevole cooperazione da parte degli ingannati, per questo resistere alla marea montante ora, nel 2008, implica non rassegnarsi al razzismo, all’arroganza o alle “forze del mercato”.
In poche parole resistere implica non abituarsi.

Rassegna Stampa:
– Sgomberato il Kasotto [1]
– Norma sui Precari: [1] [2]
– Militari nelle città: [1] [2] [3] [4] [5]
– Assegni sociali: [1] [2]

Approfondimenti:
– Leggi la ftr in inglese

di indymedia lombardia