Golpe in Honduras. Il presidente legittimo protetto dall’Alba non si arrende

I golpisti hanno imposto Roberto Micheletti, presidente del Congresso, quale capo di Stato al posto del destituito Zelaya. Che grida vendetta

Golpe in Honduras. Il presidente legittimo protetto dall’Alba non si arrende

Con l’arrivo del presidente legittimo dell’Honduras, Manuel Zelaya, in Nicaragua, è iniziata questa notte la riunione straordinaria dell’Alba, convocata dopo il golpe orchestrato dalla Corte Suprema e effettuato dall’esercito che ha costretto Zelaya a rifugiarsi all’estero e ha imposto quale capo di stato Roberto Micheletti. La ragione sarebbe evitare il referendum previsto per ieri che avrebbe portato a un’assemblea costituente che avrebbe profondamente cambiato il paese. Ma la Corte Suprema si giustifica: Zelaya voleva far sì di venire rieletto per la seconda volta, per questo doveva essere destituito. I capi di stato presenti al summit, intanti, hanno ratificato il loro impegno per la democrazia e lo stato di diritto.
“sono vivo per grazia di Dio”, ha dichiarato Zelaya, raccontando l’assalto alla casa presidenziale ieri mattina da a parte di alcuni militari golpisti, che lo hanno condotto in Costa Rica.

Alle 5.30 locali di domenica (11.30 GMT) circa ottocento soldati armati fino ai denti hanno fatto irruzione in casa. “Se avete l’ordine di sparare, sparate – ha gridato a quel punto il presidente – perché ciò che state facendo oggi è un offesa per il popolo”.
“Ho tutta l’autorità morale per e tutto l’appoggio internazizonale, dell’Organizzazione degli Stati americani e tutto il diritto costituzionale” di riprendere il potere in Honduras, ha quindi precisato davanti all’assemblea degli Stati dell’Alba il presidente hondureno, spiegando che appena l’Alba lo deciderà, lui sarà pronto a riprendersi le redini del paese. “Qui c’è un solo presidente e sta davanti a voi”, ha esclamato, accusando alcune cupole militari del colpo di stato, precisando “i soldati sono del popolo”.
Quindi Zelaya ha voluto ringraziare il presidente Daniel Ortega per l’invito al summit straordinario dell’Alba e l’intera comunità internazionale per la solidarietà, che ha mostrato il netto rifiuto del governo di Roberto MIcheletti.
“Siamo riuniti stanotte di fronte alla tragedia di un popolo fraterno, il popolo dell’Honduras. Siamo convinti che gli honduregni e le nazioni latinoamericane non vogliono che si tinga con il sangue dei fratelli la patria di Morazan”, ha quindi dichiarato Ortega. Intanto Hugo Chavez, che da subito si è schierato in difesa del presidente democraticamente eletto, minacciando persino un intervento militare contro i golpisti, ha aggiunto “questo golpe è destinato al fallimento”. Ha quindi invitato i popoli di tutto il continente americano a non limitarsi a condannare le zioni avvenute in Honduras, ma a esprimere la loro solidarietà alla nazione e a Zelaya. “Il Venezuela è pronto a dare una lezioni agli oligarchi” che hanno orchestrato il colpo di stato, ha sottolineato.
Anche il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha voluto intervenire in favore di Zelaya, invitando, sulla scia di Chavez, il popolo dell’Honduras a reagire contro “queste cupole di corrotti” che si sono unite per mettere a segno il golpe: “Liberate definitivamente il paese”, ha detto. Quindi ha aggiunto: “Il presidente del Parlamento Roberto Micheletti (che ha preso il posto di Zelaya per manu militari) si sta mettendo in ridicolo con il mondo intero”. Poi una rassicurazione al presidente legittimo: “Tu trionferai”, e ancora “questi codardi devono essere sanzionati, per evitare l’impunità”.

Dalle primissime ore della mattina la capitale dell’Honduras, Tegucigalpa, è sorvolata da elicotteri e aerei militari, mentre gran parte della città sta soffrendo interruzioni di energia elettrica e delle comunicazioni.
I canali di televisione e radio sono stati totalmente posti sotto silenzio per ore, dietro ordine del presidente golpista Roberto Micheletti. Questo non ha comunque impedito che centinaia di seguaci del presidente legittimo, Zelaya, si riunissero davanti al palazzo presidenziale, circondata da un impenetrabile cordone militare, per esigere il ritorno del capo di stato. Numerosi gli striscioni con gli slogan “militari golpisti”.

di Internazionalista