Ras de Quartiere: il nuovo palazzetto dello sport e la distanza tra il PD e la partecipazione popolare

a cura di FAVILLA – COMMUNIAmantova

Pochi giorni fa il governo Greco di Syriza ha deciso, disobbedendo ai tavoli con la Troika, di chiedere ai greci cosa pensassero di un memorandum per il pagamento del debito che li avrebbe messi ulteriormente in ginocchio.

Ha vinto il NO. Grazie alle lotte che si susseguono da anni e ad un impoverimento delle condizioni di vita sempre più profondo ed esteso, si è creato un processo di consapevolizzazione, aldilà delle narrazioni tossiche dei media, su quali siano gli interessi del popolo e quali le necessità delle istituzioni economico finanziarie che stabiliscono le regole del mercato mondiale.

Nell’ultimo anno il neo-eletto sindaco del PD Mattia Palazzi ha sapientemente orchestrato la campagna elettorale tirando i fili dell’associazionismo ARCI e dei lavoratori delle cooperative impegnate nei servizi sociali per scimmiottare un processo partecipativo.
Guardando i numeri dei risultati delle elezioni comunali, aldilà delle nostre valutazioni, è visibile che se Palazzi ha presentato un prodotto politico (l’accostamento alla merce si presta facilmente alla politica odierna) spendibile e ammiccante, nettamente superiore (sempre in termini di mercato) al polpettone del centro destra, è pur vero che è stato scelto da meno del 50% dei cittadini.
Segno abbastanza palese di una mancato riconoscimento tra rappresentati e rappresentanti e quindi una mancanza di partecipazione.

A pochi giorni dalle elezioni Palazzi si è espresso in modo contraddittorio sullo stile della sua giunta: è stato capace di affermare contemporaneamente la necessità di partire dalle periferie e dalla partecipazione attiva dei loro abitanti in “consigli di quartiere” e di volere una giunta “del fare”.
Noi pensiamo che il nuovo sindaco non sia stupido e utilizzi l’accento sulla partecipazione dal basso per garantirsi quel minimo di legittimità popolare di cui la politica istituzionale oggi difetta.
Per lui è una maschera, nulla di più, nella sua storia non ha mai sollecitato la partecipazione diretta interna ed esterna alle strutture da lui controllate. Contestuale a questo atteggiamento è la sua difficoltà a prendere posizione nel dibattito all’interno del PD nazionale.

I DS prima e il PD poi sono stati tra i protagonisti politici del processo di privatizzazione nel nostro paese sia a livello locale che nazionale.
Nonostante l’enorme crisi del teorema neoliberista (non tanto nel distribuire dividenti ai ricchi, ma nel sembrare accettabile per la crescente massa di poveri) gli amministratori PD, Palazzi compreso, faticano a mettere in discussione il sistema degli appalti per la costruzione di opere pubbliche, l’esternalizzazione dei servizi sociali a “cooperative” terze costrette a gare d’appalto al ribasso.

(su produzione di valore VS estrazione di valore e valore d’uso e di scambio di qualcosa vedi qua http://www.articolozero.org/…/we-dont-sow-non-seminiamo-de…/ )

In questi pochi nodi troviamo tanti aspetti dei problemi attuali: il venir meno del contratto tra stato e cittadino, l’aumento dei costi dei servizi e la loro inefficienza, la legittimità della politica e gli strumenti di partecipazione, l’aumento del debito, il controllo dei capitali privati su aspetti determinanti della vita pubblica.

Per chiudere il cerchio del parallelismo con la Grecia affermiamo che non è possibile produrre alcun tipo di cambiamento reale a favore delle fasce più povere e di un governo della città maggiormente partecipato e diffuso se non si entra in contrasto con una serie di dispositivi istituzionali e di filosofie d’impresa permeate totalmente nelle istituzioni pubbliche. O si ha il coraggio di opporsi concretamente ai dispositivi del fiscal compact, al taglio alla spesa sociale, al contenimento delle assunzioni e alla privatizzazione di beni comuni e servizi pubblici, o si possono solo ripercorrere i capitoli di un libro che stiamo leggendo e rileggendo a partire dalla crisi dei mutui subprime del 2007. É un libro che parla di autostrade per arricchirsi per quelli già ricchi e di cinghie sempre più strette per i più poveri.

Possiamo pure parlare di “modello Birmingham” o di fare tutti i giri in vespa che vogliamo per le periferie, ma nulla può cambiare se non si capisce che tipo di politica-economica ha in mente la nuova giunta, quali relazioni tra pubblico e privato, quali relazioni di potere (e con i capitali privati ) vuole tenere con il territorio. Questo è il contenuto celato del pacco (regalo?) giallo canarino.

Abbiamo visto una campagna elettorale ridicola in cui da SEL alla destra non si è parlato di debito e delle sue ricadute sulla politica economica europea e le scelte quotidiane di un’amministrazione comunale. I candidati sindaco hanno aderito tutti (aldilà del candidato dell’Altra Mantova) alla narrazione della “buona politica contro il malaffare” o del “buon amministratore”, quasi che l’Europa e la Grecia non ci avessero mostrato a sufficienza lo scontro tra interessi opposti che sta avvenendo.

Di fronte alla prima prova di relazione con la cittadinanza (il palazzetto a Borgochiesanuova autorizzato come palestra che affiancasse i campi da calcio dalla giunta Sodano) il sindaco si è mostrato autoritario e allergico alle critiche.

A dimostrazione di questo, invece di bloccare un progetto della giunta precedente a cui sono vincolati lo stanziamento da parte della regione di 650mila euro (solo all’interno del quartiere e per quel tipo di opera), si è convinto trasformandolo in PALA-palazzetto e raddoppiando la spesa per il comune. La retorica dei pannelli solari e della coibentazione dei muri ci sembra in contraddizione con la visione della periferia sud come zona in cui aumentare i metri cubi di cemento.

A noi interessano altre domande.

Rifiutando i 650mila euro regionali per un opera inutile non si risparmierebbero dei soldi che potrebbero essere investiti in interventi necessari?
Perché alle persone del quartiere che si sono mobilitate è stata tenuta nascosta l’area dell’opera proposta ieri in regione (dietro l’arci Tom)?
Perché non si parte con una urbanizzazione partecipata in cui vengano considerate prima le necessità collettive degli abitanti del quartiere?
Come si relazionerà il potere politico cittadino con le proprietà private da bonificare che tengono in scacco diverse zone della periferia di Mantova?

Queste domande sono ancora più centrali dopo la proposta formulata dal sindaco, dall’assessore ai lavori pubblici Nicola Martinelli e dal dirigente del settore lavori pubblici Ernesto Ghidoni alla regione Lombardia di riformulare entro settembre il progetto nell’area dietro all’Arci Tom.

Il quartiere Borgonovo è un non-sense urbanistico che ha prodotto un quartiere fantasma e ha distrutto un campo giochi di ritrovo a Due Pini. Fu concepito dalla giunta Burichellaro (in cui Palazzi era consigliere), costruito dalla coop “rossa” Unieco e permise di costruire l’arci Tom quale onere sociale per l’opera.

Non sarà certo un opera importante come un palazzetto da 500 posti a rivitalizzare un quartiere nato e concepito come periferia isolata.
Ma sembra che il bravo sindaco sappia cosa è meglio per noi, siamo passati in pochi giorni dal PALA-PALAZZI al PALAZZI-DISTRICT.