12.04.18 – Hevalen: perchè sono andato a combattere l’Isis in Siria

incontro con Davide Grasso
presentato da Vincenzo Corrado, giornalista della Gazzetta di Mantova introduce La Boje!

Rojava. In curdo vuol dire “ovest”, ma per arrivarci dobbiamo andare verso est, giungere nelle terre che un tempo chiamavamo Asia minore.
“Rojava” è il Kurdistan siriano, dove dal 2011 è in corso una rivoluzione, il grande esperimento delle comuni e del “confederalismo democratico”. Un movimento di liberazione egualitario, libertario e femminista, ispirato al pensiero di Abdullah Öcalan e cresciuto come un bosco in pieno deserto, nel più devastato – e strategico – teatro di guerra del pianeta. Un processo sociale accerchiato da forze reazionarie e sanguinarie: l’Isis, il regime di Assad a Damasco e il regime del caudillo turco, Erdogan, appena oltre il confine.
Nel 2014 abbiamo trepidato per Kobane, città assediata dall’Isis e difesa da forze popolari chiamate Ypg e Ypj. Abbiamo visto le immagini di donne guerrigliere sorridenti scalzare dai media quelle dei tetri tagliagole di Daesh, e poi la riscossa: da Kobane, divenuta la “Stalingrado del Medio oriente”, è partita una controffensiva che ha meravigliato il mondo. Meno di tre anni dopo è stata liberata Raqqa, sedicente “capitale” dello Stato islamico.
Come non accadeva dai tempi della guerra civile spagnola, uomini e donne da tanti paesi hanno deciso di raggiungere la Siria e partecipare alla rivoluzione, armi alla mano. Uno di loro era Davide Grasso, militante del centro sociale torinese Askatasuna e del movimento No Tav. A fargli prendere la decisione è stata la strage al Bataclan di Parigi, il 13 novembre del 2015.
Hevalen, che in curdo significa “gli amici”, “i compagni”, è la storia – ibrida, ruvida, entusiasmante – del suo viaggio, della sua guerra, delle contraddizioni che ogni rivoluzione si porta dentro e deve affrontare.

Necirvan si avvicinò, sotto il sole.
«Heval Tirej, la guerra è dura…». Non capivo neanche quel che mi diceva: gran, “duro”, lo compresi come volesse dire “giusto”, per qualche oscuro motivo.
«Na», risposi, «sher ne gran e…», la guerra non è giusta, volevo dire, ma dissi non è dura. Restò sorpreso. Non capiva. Pensò che delirassi. Non aveva torto.
«Heval Tirej… è meglio se torni nelle retrovie. La guerra è dura…».
«Tamam», dissi, voltandomi a guardarlo negli occhi. «Possiamo parlare di quel che è successo?», chiesi.
«Tirej, ne parleremo in assemblea…».
«Tamam».

Autore:
Davide Grasso ha pubblicato reportage indipendenti dagli Stati Uniti e dal Medio oriente e diversi articoli di filosofia dell’arte e teoria della realtà sociale. Nel 2013 ha pubblicato New York Regina Underground. Racconti dalla Grande Mela per Stilo Editrice. Dal 2015 è attivo tra Europa e Siria in sostegno alla Federazione democratica della Siria del Nord. Nel 2016 si è unito alle Forze siriane democratiche per combattere l’Isis.

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