BARBUILLAGE, LA PROTESTA A COLORI

Come spesso accade, ad aprire la strada sono loro, i francesi. Sin dalla fine degli anni ottanta nelle università e nei circoli culturali qualcuno ha cominciato a porsi domande serie, molto serie, sul potere della comunicazione pubblicitaria. L’Associazione nazionale di difesa dalla televisione nasce nel 1987, per protestare contro la pervasività delle interruzioni pubblicitarie dei film. Poi arrivarono Il Pubblifobo , la Rap (Resistenza all’aggressione pubblicitaria) e dietro di loro il teorico massimalista Yves Gradis, che ha smesso di guardare la tv nel ’93, di ascoltare la radio nel ’95 e di leggere i giornali nel ’98. E’ lui che tre anni fa ha lanciato la strategia della legittima risposta, il barbouillage, lo scarabocchio. Dal 2001, sono stati quindici i barbouillage di Parigi, appuntamenti semiclandestini di centinaia di militanti autoconvocati via internet pronti a una reazione non violenta contro gli eccessi dell’affissione pubblicitaria. L’ultimo, il più clamoroso che segna una svolta nella storia di questo movimento, è della fine di novembre. Mille persone si ritrovano per l’operazione di copertura delle affissioni pubblicitarie nelle stazioni della metropolitana parigina, un’operazione massiccia, la più imponente mai promossa. Sette i punti d’attacco, sette stazioni della metropolitana che in poche ore possono coprire l’intera rete. Insieme ai manifestanti anche fotografi, giornalisti e un folto gruppo di agenti delle forze antisommossa, che circondano i dimostranti ancor prima che possano passare all’azione. Quasi trecento fermi per assembramento illecito, un’azione consentita dalle nuove leggi liberticide del Ministro degli Interni francese Nicolas Sarkozy: ogni raduno illecito può essere disperso con la forza, i partecipanti condotti in questura e identificati. Un comunicato firmato dal sito www.stopub.tk (Isole Tokelau, Nuova Zelanda) denuncia l’aggressione della polizia, invitando alla resistenza contro chi viola il diritto di far sentire la propria voce.

Da settimane i viaggiatori della metropolitana parigina siedono di fronte a volantini che hanno sostituito le normali affissioni pubblicitarie, leggono messaggi che invitano a riflettere più che a consumare. I cartelli pubblicitari sono segnati da croci di vernice, gli slogan ‘taroccati’, le immagini camuffate. Gente di ogni tipo, gli antipub. Professionisti, insegnanti, comunque liberi. Messi insieme dal rifiuto di arrendersi all’invadenza della pubblicità e dall’uso della rete come mezzo e strumento per promuovere la loro crociata.

Agiscono in gruppo, spesso senza conoscersi tra loro. Armati di cacciaviti e pennelli, secchielli di vernice e volantini, si ritrovano nelle stazioni metropolitane nelle ore notturne, entrano, due alla volta, nei vagoni e attendono la partenza. Quando i treni sono in movimento smontano i pannelli e sostituiscono le locandine pubblicitarie o le modificano a piacimento.

La prima fase della protesta era quasi simbolica: al massimo qualche decina di dimostranti, pochi slogan e volantini appesi alla buona. Poi, grazie al tam tam della rete, lo scorso 17 ottobre si ritrovano in trecento per ricoprire le campagna con una croce nera. L’ordine è perentorio: nessun tipo di vandalismo contro le stazioni, nessun danno agli arredi o alle pareti, il nemico è l’affissione. Il mondo della pubblicità è in fermento, le azioni antipub sono una spina piccola, ma pur sempre una spina. Anche perché i media cominciano a notare il fenomeno e si scatena la curiosità. Già il 7 novembre i manifestanti diventano 650 e la Metrobus, la società dei trasporti parigina, sporge denuncia. La polizia ferma e identifica i primi quaranta manifestanti, quindi va a caccia del proprietario del server Ouvaton, che ospita www.stopub.ouvaton.org, peccato che Robert Johnson, titolare del sito, sia solo uno pseudonimo, ispirato al mitico chitarrista soul degli anni ’30… Ouvaton è un portale che ospita oltre 2.500 siti e si capisce che la posta è più alta di qualche barbouillage: mentre in Italia si discute la legge Gasparri, il Parlamento francese cerca di approvare una legge che prevede la denuncia civile e penale dei server che non impediscano il perpetrarsi di attività illecite sui loro siti. Dai primi di dicembre, il sito di Stopub non è più raggiungibile, ma in breve torna attivo ed è da lì che si fissa il prossimo apuntamento per domani, 19 dicembre.

Il 28 novembre scorso l’imponente dimostrazione fermata sul nascere con l’intervento della polizia, che come sempre sortisce l’effetto opposto: poche ore dopo si moltiplicano le azioni: decine di microgruppi, difficili da individuare e neutralizzare, in un paio di giorni colpiscono a colori su centinaia di vagoni. Il movimento che ha bisogno di non essere visibile per farsi vedere, in attesa della ‘legittima risposta’ agisce ‘nella dignità e nel buon umore’ e scommette sulla rete per varcare i confini francesi.

www.quintostato.it


Parte da Parigi e si diffonde via internet una nuova forma di protesta: guerra alle affissioni, manifesti ‘corretti’ e volantini tematici che invitano i consumatori a riflettere sul significato e sull’invadenza dei messaggi pubblicitari. Si ispira a Yves Gradis la sfida alla pervicace presenza della pubblicità nella vita di tutti i giorni: gli antipub si muovono in gruppo e agiscono nelle metropolitane, armati di pennelli e vernice per imbrattare locandine e manifesti. Un fenomeno esplosivo e dopo i primi raid qualcuno comincia ad aver paura: 276 fermi della polizia per assembramento illecito dopo la denuncia della società dei trasporti parigina.