15.06.19 – 4° Torneo antirazzista nei quartieri

VI INVITIAMO ALLA 4° EDIZIONE DEL TORNEO DI CALCIO ANTIRAZZISTA DEI QUARTIERI DI MANTOVA

ore 20.00 – cena sociale migrante a cura dell’Associazione Baobab Libertà Mantova”

ore 21.00 – “Calcio: passione popolare tra i milioni in payperview e i fallimenti in provincia”
dibattito con
Vincenzo Corrado – giornalista della Gazzetta di Mantova

Siamo alla 4° edizione del torneo antirazzista nato 5 anni fa nel campetto di Borgo Chiesanuova tra migranti in accoglienza, attivisti dello Spazio Sociale La Boje! e i ragazzi del quartiere.
Dopo due anni al campo dei giardini di via Mozart di Valletta Valsecchi, passiamo al campo di calcio a 6 di Fiera Catena, dietro alla parrocchia di Santa Apollonia.
Gli obiettivi del torneo si sono evoluti in questi anni: inizialmente volevamo far incontrare il quartiere con le soggettività migranti che avevano iniziato a viverlo, per dimostrare che non erano un pericolo, ma una forza in più.
Oggi vogliamo arricchire le iniziative sociali che siano in grado di creare reti di solidarietà antirazziste nelle zone più impoverite dalle politiche di austerità.

Per questo il torneo sarà organizzato con la neonata associazione migrante “Baobab Libertà Mantova” e le persone che abbiamo incontrato nelle iniziative dello Sportello Diritti per creare una rete di solidarietà contro il decreto Sicurezza-Salvini.

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Il torneo antirazzista dei quartieri di Mantova è un’iniziativa in cui l’obiettivo principale non è l’agonismo per la vittoria, ma lo sport come strumento collettivo per abbattere barriere e stringere relazioni ugualitarie. Per questo sono fermamente proibiti atteggiamenti sessisti e razzisti!

Le squadre riceveranno dei punti extra se saranno espressione di un quartiere o di un progetto sociale ( associazione sportiva, festa di quartiere, comunità )

VUOI GIOCARE? SIETE UN GRUPPO DI AMICI/AMICHE OPPURE SEI DA SOLO E CERCHI UNA SQUADRA?

SCRIVICI SULLA PAGINA FACEBOOK O SULLA MAIL spaziosocialelaboje@gmail.com

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Come molte delle pratiche quotidiane delle nostre vite, anche lo sport vive una contraddizione di fondo emblematica: se da una parte appare sempre più come qualcosa di scontato e onnipresente nel discorso quotidiano (vediamo sport in TV ogni giorno ad ogni ora, giornali e siti internet aggiornano le loro sezioni sportive quasi più di quelle politiche, “siamo 56 milioni di allenatori”…), nella realtà dei fatti lo sport sta progressivamente perdendo la sua dimensione di diritto per diventare sempre più un privilegio.
Lo sport, inteso come attività praticata in maniera costante e strutturata, sta diventando sempre più un’esclusiva per le classi più ricche, un affare da potersi permettere: bisogna potersi permettere articoli sportivi sempre più costosi; bisogna potersi permettere salate iscrizioni a palestre, circoli, società sportive attrezzate; bisogna potersi permettere di avere tempo da dedicare allo sport.

Cresce l’offerta di attività sportive individuali, per lo più dedicate a persone in età matura che possono spendere e acquistare. Calano le strutture che permettano a tutti di accedere allo sport.
Palazzetti, palestre, ma anche solo campi di calcio e/o di basket pubblici e accessibili: tutte queste strutture diminuiscono nei numeri oppure sono abbandonate, usurate, inutilizzabili. Pensiamo che questo sia tanto più grave in quanto lo sport è aggregazione e socializzazione in una delle sue forme più immediate e trasversali. E’ condivisione di spazi e a di regole collettive. Può insegnare al rispetto dell’altro e al senso di solidarietà e di unità che vive in una palestra o nello spogliatoio di una squadra. Il mancato accesso alla pratica sportiva diventa mancato accesso a questa possibilità e questo insegnamento.

Per diffusione e per predominanza, il calcio più di ogni altro sport e manifesta dentro di sé le tensioni e le contraddizioni della nostra società, e spesso le amplifica diventando una sorta di cartina di tornasole della situazione sociale e del discorso politico in atto.
Se i “buu” razzisti che ancora avvelenano gli stadi sono ormai ampiamente sorpassati a destra da una politica di governo che costruisce il proprio vanto e consensi sulle morti in mare, i dispositivi di repressione progettati e sperimentati all’interno degli stadi sono diventati uno strumento in mano ai sindaci contro i poveri e i migranti, i nuovi mostri da sbattere in prima pagina: il daspo urbano voluto da Salvini ha raccolto solo nella piccola Mantova un centinaio di casi in un anno.

E poi c’è il discorso economico. Il calcio è ormai da decenni vittima dei perversi meccanismi del capitalismo finanziario. Le competizioni europee sono dominate da club miliardari e buona parte delle trattative per la compravendita dei calciatori fanno emergere una coltre fumosa di “fideiussioni”, “pagherò” e paradisi fiscali.
Il calcio di provincia invece vive continuamente in equilibrio sul filo del fallimento. Ogni estate, decine di squadre di serie B e C dichiarano bancarotta, chiudono i battenti e soprattutto lasciano a casa centinaia di lavoratori disoccupati. No, non parliamo dei calciatori: parliamo di magazzinieri, impiegati, addetti alle pulizie, personale amministrativo… senza un lavoro dall’oggi al domani. Dovremmo ricordarcelo bene anche da queste parti, dato che il nostro Mantova Calcio ha vissuto due fallimenti nell’arco di una decina d’anni.
Mentre si gonfiano a dismisura i contratti annuali dei giocatori più titolati, le storiche società sportive delle città medio-piccole italiane diventano economicamente insostenibili, un ramo secco da tagliare nel calcio di oggi.

Pensiamo che l’unico futuro per lo sport popolare sia quello di riappropriarsi della pratica sportiva, imitando le tantissime esperienze di società sportive autogestite che stanno nascendo in tutto il mondo. Riappropriarsi dello sport e della sua pratica condivisa, fuori dai meccanismi di compra-vendita di un servizio è a nostro avviso una necessità oltre che una grande opportunità. E’ l’opportunità di costruire valori condivisi e di alimentare un’aggregazione e una socialità autentiche e slegate da logiche di profitto che troppo spesso avvelenano la nostra quotidianità.