Sulla censura di Facebook

Più di una persona se n’è accorta già da qualche giorno: la pagina Facebook dello spazio sociale LaBoje non esiste più. Letteralmente da un minuto all’altro, ogni traccia virtuale della nostra attività è stata cancellata.

Per raccontare quanto è accaduto lo scorso sabato al profilo Facebook de LaBoje Spazio Sociale ci affidiamo (anche) alle parole del Centro Sociale Sisma di Macerata, colpito dalla stessa censura ad Agosto 2021.

Cosa?

“Una pagina Facebook eliminata e sei profili personali degli amministratori della pagina disabilitati”. Tutto questo, crediamo, in seguito all’evento di presentazione del libro “La Q di Qomplotto – QAnon e dintorni. Come le fantasie di complotto difendono il sistema” (edizioni Alegre 2021) di Wu Ming 1 che si è tenuto presso LaBoje Spazio Sociale a fine settembre. Non siamo infatti i primi a cui è capitata questa sorte, altri spazi sociali e altre realtà associative hanno subìto lo stesso trattamento dopo aver diffuso la stessa notizia e aver promosso lo stesso tipo di evento.

Perchè? 

Probabilmente perché il libro indaga il fenomeno QAnon nato negli Stati Uniti qualche anno fa ed il cospirazionismo più in generale. Temi che per Facebook rappresentano una ‘violazione degli standard della community’. Poco importa se nel caso del suddetto libro si cerchi di analizzare e decostruire cosa sia realmente QAnon e non si inneggi al cospirazionismo o a sette sataniche di qualche tipo: l’algoritmo non fa prigionieri, ed è sufficiente utilizzare termini non graditi per essere eliminati anche definitivamente dalle pagine del social network.

Come?

L’avviso di Facebook comparso nei vari profili è stato il seguente: “Non possiamo controllare la decisione di disabilitare il tuo account. Il tuo account Facebook è stato disabilitato perché non rispetta i nostri standard della community. Questa decisione è definitiva.” Nessun preavviso, nessuna motivazione, nessun modulo per inviare segnalazioni o richieste, nessuna possibilità di contattare il Centro Assistenza. Facciamo nostre le parole dei compagni e le compagne di Macerata: “non è nostra intenzione fare piagnistei a seguito della ‘decisione definitiva’ sul nostro conto da parte del colosso privato dei social network, non c’è nessun vittimismo ipocrita nel sollevare la questione, nessun sincero democratico gestore di social media a cui vogliamo appellarci. Facebook – come altri canali social – non sono mai stato il ‘nostro strumento’, ne abbiamo da sempre individuato criticità, problematiche e contraddizioni, abbiamo sempre cercato di usarlo in modo attento e senza riconoscergli eccessiva importanza”.

Noi

Ci pare importante sottolineare quanto la censura e le limitazioni alla libertà di parola ed espressione siano ormai diventate un’arma a doppio taglio. Festeggiare la chiusura di siti, profili e pagine di destra/fascisti sposta l’attenzione dal vero problema insito nei social media: il controllo dei contenuti si basa su “un algoritmo multiforme e indistinto, di cui si intravedono più le motivazioni politiche che le regole ed i gestori, [che] determina cosa può o non può essere degno di visibilità e spazio”. Quanto accaduto alla nostra pagina non fa che confermare ciò che sosteniamo da sempre: i social media non sono e non possono essere uno strumento di organizzazione, in quanto tutto quello che accade sui social network appartiene ai social network, e quindi è passibile di censura e oblio senza alcun diritto di replica o di difesa. Rimane innegabile la loro pervasività e capillarità in quanto strumento di comunicazione e diffusione di contenuti, ma anche questa è un’arma a doppio taglio, perché se da una parte permette anche a voci come la nostra di raggiungere un numero di persone indiscutibilmente maggiore, lo stesso vale per una gran quantità di contenuti falsi quando non apertamente razzisti, sessisti, misogini eccetera.

Quindi?

È inutile negarlo: l’eliminazione della pagina complica non poco il nostro attivismo e crea numerose difficoltà, soprattutto rispetto alla costruzione di una community di interlocutor* che sarà sicuramente faticoso recuperare. Siamo stati privati di uno strumento di comunicazione contradditorio ma utile. Ovviamente la nostra attività non si ferma, e vogliamo ribadire due cose:

1.    Abbiamo altri canali di comunicazione online in continuo e costante aggiornamento, a partire dal nostro sito articolozero.org, dalla newsletter e dal profilo Instagram, fino ad arrivare al canale Telegram di recente apertura. E’ possibile trovare informazioni su tutte le nostre iniziative, sulle nostre mobilitazioni e suoi nostri approfondimenti.

2.    Una volta di più rivendichiamo la necessità e la volontà di valorizzare ogni occasione di incontro e attivismo in presenza, con i nostri corpi e le nostre voci, a maggior ragione dopo un anno e mezzo di emergenza pandemica che ci ha costrett* alla distanza.

Non sarà un’eliminazione da una piattaforma web a fermarci. Stiamo pianificando un autunno di iniziative e mobilitazioni, a partire dall’evento previsto per il 31 ottobre presso il nostro spazio di strada Chiesanuova: “30 anni di movimenti a Mantova”, dove ripercorreremo le più grandi mobilitazioni autorganizzate della storia recente locale, accompagnate dalla proiezione di preziosi materiali di repertorio che abbiamo raccolto nel corso dell’estate. Un modo per ricordare che le conquiste sociali si ottengono con il corpo e con la voce, l’un* accanto all’altr*, e non con i like di una multinazionale.

Per citare nuovamente Wu Ming, siamo ancora liberi di solcare il mare. Lo faremo, insieme a tutti coloro che ci vorranno accompagnare.