#22F Terrorista è chi specula sui territori, liberiamo le lotte!

Il 22 febbraio tutta Italia è scesa in piazza per solidarizzare con la Val Susa, colpita dall’ennessima aggressione giudiziaria al fine di indebolire la resistenza contro il Tav.

La giornata , come il #12O convocato dall’assemblea del monte Amiata, è stata l’occasione per collegare la speculazione e la distruzione della Val Susa con i processi di privatizzazione e cementificazione del territorio. L’austerità la vediamo anche sotto casa, quando vengono svenduti terreni agricoli o sventrati quartieri popolari con la scusa della “riqualificazione”.

La spinta repressiva verso il movimento NO TAV vorrebbe essere un monito ai NO MUOS, ai NO INC, ai comitati contro le discariche e a chiunque anteponga la difesa della salute e degli interessi collettivi alla speculazione sulle nostre vite.

La giornata del #22f è stata in questo senso un brutto segnale per gli apparati repressivi che hanno visto invece l’unione di movimenti territoriali in difesa di Chiara, Claudi, Niccolò e Mattia.

 

 

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Dal 9 dicembre Chiara, Niccolò, Mattia e Claudio (4 giovani attivisti NO TAV) sono rinchiusi in regime di alta sicurezza poiché accusati, ancora senza prove, di aver contribuito, in una delle azioni di disturbo ai lavori, al danneggiamento di un compressore del cantiere del TAV in Val Susa.
Di fronte alla ventennale e sempre più diffusa lotta dei comitati dei paesi della Val Susa contro l’esproprio di terreni e la distruzione delle montagne, la Procura di Torino reagisce utilizzando l’accusa di terrorismo verso gli attivisti.
Non bastano le centinaia di poliziotti impiegati per imporre alla popolazione un piccolo cantiere esplorativo. Qua si vuole fare qualcosa di più.
Si vuole equiparare la protesta in difesa della propria terra, dei beni comuni e degli interessi collettivi al terrorismo.

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Bonifiche

L’Italia è un paese in via di de-industrializzazione, la crisi è l’occasione per diverse imprese di sfruttare i soldi pubblici della cassa integrazione per de-localizzare dove il costo del lavoro è più conveniente.
Se le aree industriali delle nostre città si spopolano, rimangono da pagare le spese per bonificare terreni e falde acquifere. Senza contare le compensazioni che queste fabbriche dovrebbero pagare se tenessimo conto della qualità dell’aria, come dimostrano le alte percentuali di tumori in zone come Mantova o Taranto.
Nel decreto Destinazione Italia (passato ieri al senato senza le modifiche richieste dalle città inquinate, più precisamente nel Comma 6 dell’art.4, si liberano gli inquinatori dagli obblighi di riparazione ambientale (“esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l’onere reale per tutti i fatti antecedenti all’accordo medesimo.”), candidandoli anzi a progetti di re-industrializzazione.
Si utilizzano miliardi di soldi pubblici europei per pagare gli scempi ambientali di chi ha fatto profitti sulla nostra salute.

E SE TI ACCUSASSERO DI TERRORISMO PERCHÉ PROTESTI PER IL DIRITTO ALLA SALUTE?

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Cementificazione

Negli ultimi anni si è parlato spesso di Mantova come una città morta. Negli ultimi 30 anni l’edilizia a scopo abitativo si è concentrata sull’ampliamento dei paesi periferici, che hanno sostituito le campagne con distese di villetta a schiera.
Da un punto di vista dei poli commerciali o amministrativi, si è preferito spostare tutto fuori dal centro storico e dai quartieri della città, per creare una cintura di ipermercati che hanno eliminato la relazione tra città e campagna. Una è morta, svuotata di relazioni tra individui, l’altra è presente, non come bene comune o elemento produttivo, ma come buco di un “puzzle” da riempire.
Basterebbero questi due esempi per capire come le scelte sulla forma della città condizionino pesantemente le vite degli individui.
I dati parlano chiaro: mentre il centro storico e i quartieri si svuotano di attività, la percentuale di mq di insediamenti commerciali per abitante a Mantova (546mq) è superiore a quella già altissima della Lombardia (274mq).
L’austerity esce dalla crisi prosciugando il denaro e risorse pubbliche. In questo modo se i comuni fanno cassa svendendo o delegando interventi strutturali a soggetti privati, dall’altro le banche premono per una svalutazione del patrimonio agricolo, in modo da poterci costruire sopra.
Esselunga è l’esempio più eclatante, nonostante i limiti tecnici, le forte critiche della popolazione di Valletta Valsecchi e le indagini sulla procedura di acquisto dell’area e sui lavori, tira diritto. Anzi propongono un nuovo progetto che potrebbe sventrare i quartieri popolari a sud del centro storico aprendo processi speculativi.
La stessa fiera EXPO 2015 servirà a speculare sulle città, ad utilizzare enormi quantità di soldi
pubblici (90milioni solo per la via dell’acqua) per strutture ad uso privato che nulla hanno a che fare con un’edilizia all’avanguardia che risponda alle necessità di chi vive i territori.
Mentre si trovano questi soldi, si fatica a dare una casa a chi non la ha o a trovare strutture per i rifugiati politici, eppure le agenzie immobiliari controllano il mercato degli affitti grazie alla quantità di palazzi che rimangono vuoti.

E SE TI ACCUSASSERO DI TERRORISMO PERCHÉ PROTESTI PER IL DIRITTO ALLA CITTÁ?

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Privatizzazione

Nel 2011 un incredibile referendum si espresse contro la privatizzazione dell’acqua pubblica.
Fu la prova più lampante di un cedimento culturale del paradigma del “mercato”.
Per anni si è detto che senza “concorrenza” e “mercato” non emergevano le eccellenze, che con il pubblico c’era solo spreco e poco progresso.
Il risultato è che nessun servizio sociale è più garantito: bisogna pagare tasse extra per i materiali scolastici, ticket “svuota-portafoglio” per una visita all’ospedale, abbonamenti sempre più costosi per autobus scassati e sempre meno frequenti.
Dopotutto se “bisogna guardare al profitto” che gliene frega all’ad di Apam se nella frazione di campagna passa (forse) un autobus in tutto il week end?
Allo stesso modo l’acqua pubblica è gestita da “baracconi misti” in cui partiti e privati si dividono i profitti, truccano le gare d’appalto e ristrutturano il servizio a spese dei cittadini.
Con la scusa della necessità di abbassare il livello del debito pubblico, il blocco di potere neoliberista, sta provando a rinforzare il paradigma delle “privatizzazioni” come utili per far cassa.
In questo modo un servizio come le poste (negli anni sempre più “sul mercato” e sempre meno efficiente) è stato svenduto per 4 miliardi di euro. Quindi per ridurre un debito pubblico di oltre 2 mila miliardi si regala (per soli 4 miliardi) una struttura pubblica ai privati.
Paradigmatica è la situazione della Cassa Depositi e Prestiti.
In questa fase in cui non ci sono mai soldi per politiche attive, come l’istituzione di un reddito di cittadinanza, o la ri-pubblicizzazione dei beni comuni con la partecipazione dei cittadini o l’intervento in favore della formazione pubblica, il denaro della cassa di risparmio pubblica per eccelenza, viene impiegato per le speculazioni.
Tra il 2013 e il 2015 ben 23 miliardi di euro pubblici saranno stanziati per rimodernare 350 immobili di proprietà di enti, per venderli poi nel mercato immobiliare. Eppure non si trovano risorse per un piano casa.

E SE TI ACCUSASSERO DI TERRORISMO PERCHÉ VUOI RIPRENDERTI LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI?